FURORE di John Steinbeck

 


Le donne guardavano gli uomini, li guardavano per capire se stavolta sarebbero crollati. 

Le donne guardavano e non dicevano niente. 
E quando gli uomini erano in gruppo, la paura spariva dai loro volti e la rabbia prendeva il suo posto. E le donne sospiravano di sollievo, perché capivano che andava tutto bene: il crollo non c'era stato; e non ci sarebbe mai stato nessun crollo finché la paura fosse riuscita a trasformarsi in furore."

Margine di profitto: è stata questa la parola che più mi ha turbato durante e dopo la lettura di Furore, libro vincitore del premio Pulitzer, scritto da John Steinbeck nel 1939.

Il Libro raccoglie i frutti di un lavoro svolto in precedenza da Steinbeck, quando nel 1936 era stato commissionato dal San Francisco News per scrivere alcuni articoli come reportage riguardo l’esodo e le proibitive condizioni di vita di migliaia di braccianti e contadini Americani, che dalle terre dell’Oklahoma si erano riversati in California durante la “Dust Bowl” (un’ondata di caldo e susseguente siccità che rese impossibile coltivare le terre).

È uno scritto di 80 anni fa, un termine come “margine di profitto” di colpo ti catapulta nell’era moderna del mondo globale e capitalista, dove i margini, i limiti sembrano essere spariti insieme ad alcuni diritti. Ed è, forse, questa la parola chiave che fin da subito mette in chiaro chi è il mostro che governa tutte le vicende di questo libro.
“[..] Una banca o una società […] non sono creature che respirano aria, che mangiano carne. Respirano profitti; mangiano interessi sul denaro. Se non lo fanno, muoiono esattamente come morireste voi senza aria, senza carne. È triste ma è così. Non ci si può fare niente.
Se il mostro smette di crescere, muore.”

Non è un trattato socio-economico, ma lo è anche; è un libro su cui ancora oggi si dibatte, dove i vari piani di lettura, da quello filosofico a quello sociale e religioso, possono ritenersi validi tutti. La grandezza di Furore è tutta qui, nella sua capacità di poter essere interpretato in molti modi diversi, senza mai confonderci; perché in fondo è il racconto di un'avventura estenuante. Il viaggio, della famiglia Joad, verso la terra promessa, dove l’abbondanza non è solo nei raccolti ma sembra esserlo anche per le vite, per la loro realizzazione.
La prosa di Steinbeck è densa, si stringe attorno ai concetti, il linguaggio è ruvido e reale, mentre tutto è pervaso da un'insormontabile ansia e voglia di rivalsa, ma riesce a regalare anche attimi di spensieratezza e di profonda umanità. Descrive il cerchio della vita non tralasciando nulla, non dimenticando nessuno.

Gli ultimi vengono ritratti come gli unici capaci di sovvertire un sistema che lotta con armi impari per la supremazia dell’io e dei pochi; il socialismo dei sentimenti prevale, un embrione di quello che potrebbe essere un noi coeso e deciso. Un “noi” portato avanti da una figura maestosa come Ma’ Joad, che non vi è pagina dove non si preoccupi di trovare un modo di sfamare la famiglia. Non solo cucinando i pasti, ma mantenendo l’ordine, nelle idee come nella lista delle provviste. Perché la famiglia non può andare in pezzi, perché la famiglia è il grappolo, è l’ultimo baluardo da opporre ai Mostri che popolano questo romanzo.

Furore è la parola che potrebbe trasformare questi mille grappoli di vite in acini colmi di ira, capaci di sopportare sfide impossibili pur di mantenere salda ancora la loro dignità, la loro terra, il loro domani che è stato strappato dal progresso e dal profitto, senza che ci fosse mai nessuno da poter “colpire” ma soltanto qualcosa di più grande da incolpare: una banca, una società, un trattore...
La chiusura di questa avventura, di questo esodo della famiglia Joad, di Tom, di Pa’, dei fratelli, dei nonni, di Rose of Sharon e del suo futuro bambino, è probabilmente il finale più avvolgente di sempre, è l’emblema di un qualcosa che finisce ma al tempo stesso lascia percepire come vi sia necessariamente il bisogno di una nuova nascita, qualunque essa sia.
È questo Furore, un libro che ti rimette in linea col mondo, che ti guida partendo dai dettagli arrivando ad una visione di insieme ampia e universale: gli uomini sono la terra, la vera esperienza di profitto sono le relazioni umane, dove i margini non esistono perché offrirsi per aiutare gli altri è l’unica cosa che possa riportare pace. 

È una di quelle letture capace di dare risposte a chi ancora legge, curioso, sperando di trovarne.

Recensione Sensoriale


Vista: Un Frutteto


Tatto: Liuta

Gusto: Una spiga di Grano

Olfatto: Carta bruciata

Voglie Impulsive


Immergere la testa in un ruscello

Un paesaggio maestoso

La mano di mia Madre


Peso in Valigia: 662 Grammi

Investimento: 17,10€

Editori: Bompiani

LA FINE È NOTA di Geoffrey Holiday Hall

www.lostinatolettore.blogspot.it/2016/08/la-fine-e-nota-geoffrey-holiday-hall


- Torni a scrivere? -

- Non me ne sono mica andato. -

- Allora dove sei stato? -

- A visitare qualche dubbio. -


A ritroso, ecco come posso definire il mio ritorno alle recensioni. #Progetto52 non è naufragato del tutto, o meglio i libri si son continuati a sommare, la voglia di recensire per non dimenticare invece è andata a sottrarsi fino ad estinguersi.
Non è colpa di nessuno, figurarsi di pagine sporche di inchiostro, "la vita" è una parola troppo grande con cui ci si riempie la bocca per crearsi un alibi. Quindi? 
Semplicemente?
Ho avuto altre urgenze, altre immediatezze.

A ritroso, è il classico genere di giallo che non mi manca per niente, banale il più delle volte, scontato come un cappotto a luglio, sciatto nei personaggi.
Non so dunque se sia il classico caso di eccezione che confermi una regola, ma quando mani e occhi si sono immersi in "La fine è nota" di Geoffrey Holiday Hall l'impressione è stata di avere a che fare con "altro".
Non ingannino le parole di Sciascia nelle alette della copertina, le lodi dedicate al "misterioso" scrittore americano sono assolutamente meritate e non mera pratica pubblicitaria.

La fine è nota, inizio Shakespeariano, cosa dunque vi è di più noto se non la morte di un personaggio. Un fatto grave, inaudito che sconvolge da subito la vita agiata e borghese di Margo, donna dall'aria distante, con un viso delicato di bambina e sguardo innocente quasi irreale; Lei sola nel suo appartamento all'ultimo grido, nella lussuosa New York anni 50, che assiste in diretta al suicidio di Roy Kearney.
Un uomo all'apparenza insignificante, l'aria da commesso o fattorino, ma con una bocca amara come la brina, aspra come la pianura gelata dal vento invernale .
Il marito di Margo, il Sig Paulton vede tutto da una prospettiva diversa, privilegiata, la morte di Kearney è letteralmente un tonfo, si mancano per una frazione di secondo. L'impatto dell'incontro viene assorbito dal marciapiede mentre al Sig Paulton non resta che considerare quanto il corpo giaccia storto sul selciato come un pupazzo di stracci.

La storia nasce così ed è una ricerca continua, ostinata e tenace, di Bayard Paulton sulla vita di Roy Kearney, una ricerca che diventa una ossessione. Perchè quell'uomo dall'aria insignificante aveva deciso di suicidarsi gettandosi dalla finestra del suo appartamento che affaccia su Central Park?

La grandezza di questo romanzo sta nella sua scrittura, nel tratteggio dei personaggi, nelle scoperte e non nei colpi di scena, perchè tutto è già noto, è scritto, ma quello che non sappiamo è cosa muove le persone nelle loro vite a compiere delle scelte. Quali sono i demoni o i sogni che tormentano le notti dei giovani quanto di chi si prende cura di loro. Cosa si è disposti a fare per trovare pace e conforto?

Una riga dopo l'altra prendono vita uomini e donne delle due Americhe, quella rurale e riservata, talmente timida e spaventata che seppur a conoscenza della propria imminente fine si ostina a credere che una ferrovia o una strada possano cambiare le sorti di una città e delle vite che la animano, di contro quella ricca borghese, che nella metropoli ha trovato conforto nell'agio e nel possesso, cercando di dimenticare l'esistenza del prossimo passando da un martini all'altro.

Quello che il Sig Paulton non sa è che il futuro non può essere trattenuto, perchè esistono persone che hanno avuto ben poco dalla vita e che non sanno resistere, quando possono impadronirsi di qualche cosa anche se ciò significasse mettere in serio pericolo l'esistenza altrui.

Personaggi come "il più grande cervello del mondo" all'anagrafe Pincus Holtsinger e di Jessie "la matta" Dermond, rendono indimenticabile un testo ricco di atmosfere umane, di vite palpitanti e disperate che non sono impresse come graffio su un vetro, ma semplicemente come ombra che le foglie gettano sui marciapiedi. A noi resta solo il saltellare da una all'altra cercando di colmare quella distanza che passa dal senso di colpa ad un tuffo nel vuoto.


Recensione Sensoriale


Vista: Una ferrovia


Tatto: Vernice fresca

Gusto: Marmellata di mirtilli

Olfatto: Bourbon


Voglie Impulsive


Sabbia sotto i piedi

Tabacco secco

Un viaggio posto finestrino


Peso in Valigia: 125 Grammi


Investimento: 12€


Editori: Sellerio



CENTRAL PARK di Guillaume Musso

www.lostinatolettore.blogspot.it

-Di cosa hai paura?-

-Di dimenticarmi-

-Che cosa?-

-Me stesso-


Central Park di Guillaume Musso è un thriller, sembra che l'autore sia stato guidato nella stesura dalla stessa urgenza con cui il lettore vuole arrivarne alla conclusione. Non ci sono tregue, a ben vedere i colpi di scena sono pochi ma strabilianti, l'immediatezza della trama così come la costante tensione emotiva, che solo una scrittura semplice e ritmata possono supportare, fanno di questo libro un piccolo capolavoro.
Il tempo sembra dilatarsi, le pagine una dopo l'altra vengono declinate al passato e se Alice e Gabriel vogliono riuscire a scoprire chi può aver ordito un "gioco" tanto sadico quanto terrificante, dovranno scavare a fondo nelle loro vite, nei loro ricordi, ansie, paure.
Fino a toccare con mano il dolore, vivo e acuto, quel dolore che solo chi ha perso tutto, di chi sente che il proprio presente non conceda più un domani per cui valga la pena portare avanti il peso della propria esistenza, è tenuto a sopportare e ad accettare.

Alice è una poliziotta di Parigi, dirige un nucleo investigativo, l'unica donna fra cinque uomini. È risoluta, determinata, astuta e ciò che più conta attenta ai dettagli anche a quelli all'apparenza insignificanti, ma essere un detective è come dover montare un puzzle di migliaia di tessere.

Non avere davanti però l'immagine esatta di ciò che si deve andare a ricostruire porta a dover usare intuito e razionalità, ma quando queste non son sufficienti per venirne a capo allora adrenalina e vanità fanno si che, anche se incompleto, questo puzzle lo si reputi risolto e si prendano decisioni, talvolta vitali, non solo per se stessi.

Gabriel è un musicista jazz, attraente e sbruffone, il suo vissuto fa di lui il più classico degli "irrisolti" metropolitani, troppo alcool, troppa musica, troppi pensieri, troppe donne, ma Gabriel dietro quello sguardo così accogliente e strafottente nasconde un'anima combattiva, una umanità che lo porta a prendersi a cuore il bene delle persone e come se si fosse svegliato in un labirinto fatto di soli specchi deformati, riesce comunque a trovare una via d'uscita, una soluzione, a tutto, per tutti.

Gabriel ed Alice si svegliano una mattina di Ottobre, l'uno ammanettato all'altra, su una panchina a Central Park. La sera prima l'uno suonava in un club di Dublino, l'altra era uscita a divertirsi con le amiche sugli Champs-Elysées a Parigi.
Quelle manette, che ora ai due segnano i polsi e lacerano la pelle, in breve diverranno un legame che va oltre il freddo dell'acciaio. Non sono in dubbio solo le loro esistenze, in bilico tra il possibile e l'improbabile, ma come in un gioco di ruolo dovranno, l'uno per l'altra, combattere una entità ostile e subdola che fin dal principio sembra aver segnato un percorso a ritroso nel doloroso e fumoso passato di entrambi.

Central Park è come una partita a scacchi, un bagno freddo per la mente.
Ed è come avere il pezzo da muovere sospeso a mezz'aria e proprio nel mentre stiamo per compiere la nostra mossa, la scacchiera stessa prende vita e modifica la situazione di partenza.

Alice si sente esattamente così:

"Mentalmente ricostruisco uno scenario fondato su ipotesi improbabili, alle quali tuttavia desidero credere."

E noi con lei.

C'è un solo modo per ricordarsi di una strada, percorrerla a ritroso.

RECENSIONE SENSORIALE


Vista: Un cumulo di foglie


Gusto: La persistenza di un buon vino

Tatto: I denti di una cerniera

Olfatto: Caldarroste


VOGLIE IMPULSIVE


Il Paese delle Meraviglie

Godermi il finale

Il sole freddo di Novembre


PESO IN VALIGIA: 427 Grammi


INVESTIMENTO: 18€


EDITORE: Bompiani

ODETTE TOULEMONDE di Eric-Emmanuel Schmitt - LA LOTTERIA di Shirley Jackson

www.lostinatolettore.blogspot.it


A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z


Ci insegnavano, ovviamente, a parlare, a esprimerci, a dialogare, la prima persona, la terza persona, il noi e il voi, ci insegnavano dicevano la lingua dei nostri tempi: Le Immagini.

Avete capito bene, "leggevamo" le immagini, parlavamo attraverso le immagini, dialogavamo con esse e attraverso esse. Un tempo remoto mio nonno mi raccontò di una civiltà che non usava solo le immagini, ma che si esprimeva usando le parole; obiettai  che anche noi ci esprimevamo usando le parole ma lui mi interruppe e avvicinando la sua bocca al mio orecchio pronunciò quello che aveva l'aria di essere un vocabolo proibito, sapeva di tabacco e nocciola, sapeva di silenzio e clangore, e disse: Scrivevano.

Scrivevano, mi ci vollero anni per comprendere appieno cosa significasse, dopo che udii quella parola capii di non poter avere altro scopo nella vita. Dovevo Scrivere.

Facile direte voi, prendi una penna, unisci le lettere dell'alfabeto fino a formare una parola più o meno lunga, e mentre la scrivi ne scopri il suono nella mente, muovendo quasi impercettibilmente la lingua sul palato.
Ecco, già che ci siamo io non sapevo nemmeno cosa fosse una penna, non sapevo cosa fosse l'alfabeto, sapevo però dirvi cos'era un albero e come era fatto, conoscevo la parola albero, ma solo perchè me l'avevano fatto vedere su una lavagna luminosa in una classe affollata di bambini vestiti tutti uguali.

Eh ma scrivere A L B E R O è tutta un'altra cosa. È l'immagine più potente che esista è come se i colori, la forma, esplodessero letteralmente nelle sinapsi. È come avere un proiettore potentissimo, dietro gli occhi, che occupa tutto il nostro campo visivo con la quercia più grande che abbiate mai visto.

Ero un analfabeta, leggere immagini e comunicare con esse era molto più facile, richiedeva meno impegno, era tutto a portata di indice; a pensarci bene tutto poteva essere additato.
Laddove il semplice indicare non era sufficiente, interveniva un chip neurale il quale collegato in remoto ad una specie di cervellone centrale, faceva si che quelle cose per cui non si riuscivano a trovare immagini a portata di mano, diventassero disponibili su dei piccoli palmari che avevamo sempre con noi.

Un esempio? pensate ad un bambino che piange e ad un genitore che non ne capisce il perchè, di colpo sul palmare del padre e della madre compare l'immagine di un biberon.
Il bambino ha fame, mamma e papà sollevati lo accontentano e il bambino smette di piangere.
Il chip leggeva la nostra mente, le nostre emozioni, sensazioni, bisogni e li traduceva in concetti il più elementari possibili.

È complicato? se lo è per voi, figuratevi per me quanto lo è stato imparare a scrivere.
Dopo quell'incontro con mio nonno, ne fecero seguito altri e ogni volta gli chiedevo di raccontarmi qualche cosa di più, di addentrarsi nei ricordi di quella civiltà, di mettermi a disposizioni gli strumenti per imparare quella che sembrava un'arte magica e antica, potentissima.
Mio nonno era reticente, continuava a ripetere di non parlarne con nessuno, di tenere segreto il contenuto dei nostri incontri, e di comportarmi come sempre.

Mi parlò dei libri, della carta, di matite e dell'inchiostro, dei caratteri, della stampa e dei numeri. Ero affascinato, le sue parole parevano uscire da un carillon che per troppo tempo aveva preso polvere, era una musica arrugginita ma squillante, era il lascito di un uomo a cui mancava irrimediabilmente poter imprimere qualcosa: io ero la sua pagina bianca, la sua voce l'inchiostro.

Vorrei poter continuare a raccontarvi la mia storia, e forse un domani lo farò, ma ora devo andare, vivo in clandestinità. Delle quattro dimensioni mi manca quella fondamentale, così come mancò a mio nonno, il tempo.
Se troverete queste mie parole, e so che le troverete, allora riprendete da dove ho lasciato io.
Tutto quello che vi serve è custodito in questi due oggetti, si chiamano libri, (me li regalò mio nonno) son fatti di carta (fate attenzione alle fonti di calore, tende a prendere fuoco) e si leggono (che parola meravigliosa) da sinistra verso destra, dall'alto verso il basso. Sono le due ultime copie rimaste, credo in tutto il mondo, scoprirete con essi non solo le parole, ma la grammatica, la punteggiatura, l'uso delle virgole e dei punti, sui punti e virgola invece ammetto che ancora adesso ho qualche dubbio.

Non scoraggiatevi, so che tutto questo vi sembrerà un ammasso di simboli neri su sfondo bianco e che vi mancano un sacco di spiegazioni su come si compongono e leggono le parole, ma risolverete l'enigma se avrete utilizzato l'immagine che vi ho lasciato all'inizio di questo racconto. Mettete insieme le lettere e troverete la soluzione: la storia.
Se ci sono riuscito io, allora ce la farete anche voi.

Scrivete, perchè le immagini se non incontrano le parole non diventano mai emozioni.

Sinceramente Vostro

Albero.


RECENSIONE SENSORIALE


Credo che non ci sia bisogno di aggiungere i cinque sensi a quello che ho scritto, questa è una recensione sensoriale nel vero senso della parola, ho usato quello che sentivo e l ho tramutato in un racconto. 
Il tutto è stato ispirato da due storie contenute in questi affascinanti libri, che per motivi diversi, catturano e coinvolgono.
Il primo, È una bella giornata di pioggia, fa parte di una serie di otto racconti nel libro Odette Toulemonde di Eric Emmanule Schmitt, il secondo invece Colloquio è inserito nel libro La Lotteria di Shirley Jackson.
Se potete abbiatene cura.

VOGLIE IMPULSIVE


È quello che ho appena fatto.

PESO IN VALIGIA: 250Grammi in totale

INVESTIMENTO: 8€ + 9.50€

EDITORI: Edizioni e/o (Odette Toulemonde), Adelphi (La Lotteria)

BASTADDI di Stefano Amato

www.lostinatolettore.blogspot.it


- ..Ma son morti tutti? -

- Si perchè? -

- Perchè uno l' avrei ammazzato volentieri -


"Con il termine Mafia si intende un sistema di potere esercitato attraverso l'uso della violenza e dell'intimidazione per il controllo del territorio, di commerci illegali e di attività economiche e imprenditoriale; è un potere che si presenta come alternativo a quello legittimo fondato sulle leggi e rappresentato dallo Stato."

Una sorta di Contro-Potere.

Dunque, come si fa ad annientare un sistema come Cosa Nostra se il solo Potere dello Stato non è abbastanza efficace; Potere e Contro-Potere paiono annullarsi a vicenda, un testa a testa che non porta a nulla, per sbilanciare i rapporti di forza serve una variabile.

Bastaddi vuole suggerire questa variabile, è un libro provocatorio, Stefano Amato è un provocatore e di mestiere fa lo scrittore, non l'esempio.

Prendere in "prestito" una sceneggiatura di un film come Bastardi Senza Gloria e riadattarla con una cover letteraria in chiave Siciliana è stato un azzardo che alla fine ha pagato. Il Film di Tarantino ha riscosso grandi consensi, coinvolto il grande pubblico, portando sullo schermo con un linguaggio semplice e pungente quello che sostanzialmente è l'istinto umano contro ogni ingiustizia. 
Solo che nel farlo ha deciso di dar voce a quell'istinto basso, belluino, incontrollato ed incontrollabile come solo la violenza contro i soprusi può essere, che però se libera di sfogarsi può tramutarsi in sadismo e perfidia.
Quindi quale scenario migliore se non quello della guerra, dove le regole del vivere civile avevano abbandonato intere nazione, dove la violenza sembrava essere l'unica via verso la salvezza.

Machiavelli sarebbe orgoglioso sia di Bastardi Senza Gloria che di Bastaddi: Il fine che giustifica i mezzi.

Di cosa tratta dunque Bastaddi?

Di Guerra alla Mafia, di un gruppo di uomini, di prescelti, lontanissimi dai canoni dei militari in carriera, per i quali la missione è tanto più importante quanto più se ne sentono coinvolti emotivamente. Quindi, armi e coltelli in pugno son pronti ad una lotta senza quartiere, e senza regole, senza pietà contro quella montagna di merda che sono la Mafia ed i Mafiosi.

Questo manipolo di Bastaddi fa incetta di scalpi Mafiosi, gira in lungo ed in largo la Sicilia uccidendone il più possibile, il più barbaramente possibile. Chiaramente tra i vari picciotti inizia a serpeggiare paura e i Boss vogliono arginare questa isteria cercando di dare una dimostrazione sia di forza che di compattezza. Così, come se si trattasse dell' esercito ed il malcontento che serpeggia nelle truppe andasse estinto, i Boss di Cosa Nostra vogliono celebrare il loro onore e la loro comunanza, auto celebrandosi ad una serata al Cinematografo proiettando un film Mafioso su uno dei loro novelli e coraggiosi "eroi".

La Bravura di Stefano Amato sta nell'aver usato una scrittura godibile, creativa il giusto, senza mai lasciarsi prendere dalla smania di voler ricalcare pedissequamente tutti i passaggi del film. In questo modo è riuscito a costruire una trama nuova, del film utilizza grosso modo le trovate e le situazioni, ma riscrive completamente la storia, i personaggi e riesce magistralmente a collocarli nella sua Sicilia; caratterizzandoli talmente bene da rendere vividi tutti i luoghi comuni attraverso cui, da esterni, osservando questa terra circondata dal mare, si possa puntare il dito e dire "ecco vedi che è proprio così".

Già, ma i luoghi comuni come i mafiosi sono duri a morire, e sta qui la provocazione profonda di questo testo, cioè che per sconfiggere i Mostri bisogna essere disposti ad esserlo a propria volta.

La fortuna vuole che questa sia solo una storia.

La sfortuna, invece, vuole che questa stia solo dentro un libro.

Al di la di tutto questo incrocio tra etica e opportunità mi ha riportato alla mente le parole di Piero Calamandrei, il quale dall'alto del suo senso civico/civile ci vuole ricordare sempre che

Dove non v'è libertà, non può esservi legalità.

Con tutto quello che ne consegue...sopratutto per i Bastaddi.

RECENSIONE SENSORIALE


Vista: Una foto di Robert Capa


Tatto: Gesso

Gusto: Canditi

Olfatto: Mandorle


VOGLIE IMPULSIVE


Libera

Rivedere i Cento Passi

'Fanculo l'Onore e l'Omertà (Litfiba - Dimmi il Nome)

PESO IN VALIGIA: 276 Grammi

INVESTIMENTO: 16€

EDITORE: Marcos Y Marcos

SETE di KERRY HUDSON

www.lostinatolettore.blogspot.it


Tu sai cosa è un clichè?

Io no, e tu?

A me sembra di averlo appena letto.


L’avevo detto in tempi non sospetti, quando all’inizio di questa avventura avevo stilato le “regole” di #Progetto52; certi libri vanno abbandonati.

Probabilmente, il fatto che in questo periodo della mia vita non riesca ad essere empatico verso certe storie d’amore non è di aiuto. Quando lo sguardo deve scorrere tra righe che tessono un canovaccio che lentamente si impregna di un certo sentimentalismo, la lettura assume più i tratti della punizione che del piacere.

Kerry Hudson giovane autrice del romanzo Sete ha l’indubbia capacità di legare le parole e raccontare una storia che si sviluppa abbastanza agevolmente in una trama ricca e complessa, dove i due protagonisti Dave ed Alena cercano come novelli Renzo e Lucia di raggiungere non la felicità, ma quell’Una che a tutti è concessa.
È un racconto di due solitudini come tante ce ne sono nella letteratura, che attraverso alcuni balzi letterari sembra solcare mari in tempesta.

Una giovane ragazza Russa, ingenua e sognatrice che con la superficialità di chi vuole evadere dalla mediocrità credendo di meritare di più, si lascia convincere a partire per il sogno della grande città, del grande amore, della grande e fallace avventura in terra straniera per poi un domani sentirla propria.

Un altrettanto giovane ragazzo, confinato in una vita mediocre e ripetitiva, senza sussulti con un passato fatto di amicizie e amori talvolta sbagliati lo spingono a lasciare la sua periferia dove sente di vedere e vivere solo i bordi della vita, per respirare il profumo potente dei propri sogni e seguirne la scia.

Inevitabilmente due persone così, sprovvedute e sensibili, son destinate ad intrecciare i loro destini. Una città immensa e decadente come Londra riserva per loro posti e situazioni che fanno di una storia d’amore un calvario.  Progetti sbagliati, Persone abiette e malvagie, bugie, fughe da paure che più che forza propulsiva son argini viscidi e insormontabili e quell’incomunicabilità di certi passati che diventa straziante, tanto da leggere quanto da vivere.

Il “ma” in tutta questa storia è il suo essere piatta, artificiale, dove tutti i clichè laddove possono essere applicati trovano spazio e conforto.
l’odore di sesso non consumato ed è esattamente così che ti senti dopo aver lasciato indietro l’ultima sillaba di questa storia. Con addosso quella strana sensazione di cose che sai che sarebbero capitate e nell’ordine esatto in cui sarebbero successe, ma  questa consapevolezza ti infastidisce perché non trova conforto in quello che più di tutto volevi, lasciarti dietro non solo la loro storia ma forse anche un pezzo della tua.

Sete è un romanzo per chi vuole una storia di oggi, in cui ci sono tutti gli ingredienti per empatizzare con due protagonisti in cerca di sé stessi. Sarebbe ingeneroso comunque chiudere questa recensione senza dare il dovuto merito a Kerry Hudson, scrittrice di indubbio talento, abile e raffinata nel linguaggio, sicura e scorrevole anche quando il miele inizia a diventare troppo e si rischia il diabete. I passaggi migliori rimangono quelli in cui i personaggi secondari intervengono sulla scena, scombinando i parametri rendendo più rapsodico il movimento concettuale della storia e creando storie nella storia senza mai impedire a questa la sua immediatezza e semplicità

La Meravigliosa copertina di questo volume edito da BeatEdizioni fa di questo libro un oggetto bellissimo al di la del piacere o meno che si prova leggendolo.


RECENSIONE SENSORIALE


Vista: La luce di una finestra

Udito: Small Blue Thing di Suzanne Vega

Tatto: I tasti neri di un pianoforte

Gusto: Impasto per dolci

Olfatto: Il filtro bruciato di una sigaretta


VOGLIE IMPULSIVE


Fare la spesa

Pulire casa

Impegnare la mente


PESO IN VALIGIA: 279 Grammi

INVESTIMENTO: 13.90€

EDITORE: Beat Edizioni

FINAL CUT di Vins Gallico

www.lostinatolettore.blogspot.it

Se ti sei tagliato, metti un cerotto.

Certo ma se a tagliarmi è stato l'amore?

allora mettici coraggio...



Ventinovesima Copertina tra le mie mani, ventinovesima recensione, come mi è già capitato vado a parlare di un libro che mi ha affascinato prima per il titolo poi per il contenuto. L'ho notato uno stiracchiato giorno d'estate nell'inserto TuttoLibri de La Stampa e il pomeriggio stesso lo ordinavo in una nota libreria Torinese di Via Po.

L'idea è geniale; la Final Cut S.r.l si occupa unicamente di traslochi, a voler essere precisi si tratta di traslochi emotivi.
Ogni anno centinaia se non migliaia di coppie si lasciano, smettono di amarsi, si odiano, vogliono farla finita col proprio partner, vogliono cambiare, darci un taglio, netto, decisivo, finale.

Quando un amore si arena l'istante più difficile, per chi non riesce ad uscire dalla secca sentimentale, è quello di comunicare la fine del rapporto, di riconsegnare gli oggetti che hanno in un modo o nell'altro fatto parte dell'arredo emozionale dell'individuo amato.
Riprendere in mano anche solo un libro, rileggere una dedica, o sfiorare una souvenir comprato in una remota vacanza felice di coppia, possono generare dubbi, ricordi, rimorsi, perplessità e spesso si cede al ricordo di ciò che si era per preservare se stessi dalla fatica di una separazione e l'altro dal peso di subirla.

Ed è qui che entra invece in gioco la Final Cut. Ad occuparsi di tutto questo, sotto la attenta supervisione del committente, ci pensa il nostro protagonista, inventore e realizzatore di questa particolare agenzia di servizi. 
Il trasloco avviene avendo prima concordato il prezzo in base al tariffario di cui l'azienda dispone; una volta deciso il tipo di trattamento, si passa all'atto pratico: quello di confezionare e caricare i colli al cui interno andranno a trovare posto le Cose del destinatario. 
La Final Cut si occupa anche di comunicare al destinatario la conclusione del rapporto sentimentale, di elencarne, attraverso un format preimpostato ma malleabile, le motivazioni della rottura e di dare la possibilità al destinatario di allegare un messaggio di risposta.

La differenza la fa proprio questo aspetto, la possibilità di avere un tempo per riordinare le idee, tracciare le fila di un rapporto, insomma riavvolgere il nastro e lasciare che sia la Final Cut a declinare al passato il verbo amore e consegnare oltre agli oggetti una motivazione che è comunque frutto di un processo. La Final Cut fa quello che nella vita normale spesso non accade; semplicemente ti ascolta. 
Non giudica e non fa nulla perché la storia d'amore debba trovare un lieto fine, segue il flusso di parole e pensieri, prende appunti, traccia un profilo e trova al posto tuo, laddove tu non riesca, una motivazione plausibile, reale, accogliente.
Ciò che rimane è esattamente il Taglio Finale, è come se così facendo la storia d'amore vissuta mantenesse la sua sensazione di sospensione, di eterno, come un palloncino che scappa dalle mani e vola via ma si ferma su un soffitto troppo alto per essere riacciuffato mentre resta comunque a portata di sguardo.
E tutto il dolore, lo sconforto, la deriva verso il basso dei sentimenti rimangono isolati dalla storia, poichè non sembrano far parte di questa, bensì di una consegna.

Io non consegnavo merci, restituivo simboli..

Il protagonista di questa commedia cosi attenta ai nostri tempi non ha un nome, e non potrebbe essere diversamente, il vero protagonista è la Final Cut, la sua azienda, la sua missione. È una idea che non sarebbe venuta in mente a tutti noi, ma tutti, avremmo voluto almeno una volta nella vita averne potuto sfruttare i servigi. 
Il romanzo tra le varie vicende che vedono coinvolta questa particolare azienda, tra clienti fedelissimi, consegne complicate, e storie di un amore che mai come prima ci viene proposto come un collo da riconsegnare, scorre come un rivolo d'acqua in una tinozza, ci riempie pian piano; di domande, di sorrisi a denti stretti, di ricordi e di emozioni contrastanti.

L'amore non si può restituire, solo contraccambiare.

Ma quando l'amore finisce bisogna amputare. Nessuno di noi ha la forza di tagliarsi un braccio od una gamba da solo, ecco la Final Cut, taglia ciò che altrimenti noi lasceremmo li ad incancrenirsi.
L'arto fantasma avrà la forma del ricordo, ma il legame non sarà più effettivo.

Ma perchè dunque rivolgersi alla Final Cut?
È il protagonista stesso a rispondere a questa domanda:

Chi si rivolge alla Final Cut non lo fa solo per vigliaccheria, come credevo quando l'ho fondata, ma anche per incapacità a contenere la sofferenza, ad accettarla.
Alcuni hanno bisogno di un'eutanasia, altri richiedono l'autopsia sul cadavere della loro storia d'amore.

È una storia che ne racchiude altre, ed inevitabilmente, in almeno una di queste finiamo per immedesimarci; letta così l'amore pare questi banale, semplice, schematico, con una sua grammatica precisa. Forse è proprio così visto una volta finito, ma quella grammatica, quando si vive il Noi, muta; assume nuove regole e forme, esattamente come un dialetto le cui uniche persone capaci di capirlo e parlarlo sono gli innamorati.

L'autore Vins Gallico con una prosa sciolta e moderna ha saputo caratterizzare l'azienda lasciando al suo creatore la libertà di muoversi tra ricerche di Neuro-Marketing, suggestioni filosofiche, brevi trattati di psicologia e soprattutto non negare al lettore la scoperta della storia del protagonista, la sua difficile ricerca del Final Cut.

Le regole della Final Cut sono quattro e apparentemente semplici:

Assenza di partecipazione
Distacco
Sospensione del giudizio
Imparzialità

Bene, se per caso un giorno dovessero suonare alla vostra porta e sulla soglia foste costretti ad accogliere un individuo con una strana divisa ed un logo appariscente sappiate che forse non è esattamente la consegna che stavate aspettando, bensì quella definitiva.

Siate cortesi, in fin dei conti sta solo facendo il suo lavoro.


Recensione Sensoriale


Vista: Una rampa di scale


Tatto: La fredda cornice di un fotografia

Gusto: Aceto

Olfatto: Libri dimenticati


Voglie Impulsive


Scatoloni, Forbici, Nastro

Ricordi

Domani...


Peso in Valigia: 304 Grammi

Investimento: 16,00€

Editore: Fandango Libri