LA VITA DAVANTI A SÉ di Romain Gary

martedì, aprile 21, 2015 , , , , 0 Comments

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Hai presente il Giovane Holden

ecco se fosse nato nelle Banlieue sarebbe Momò


Come escono le parole da queste pagine?
Quale archimedica spinta ricevono per poter galleggiare sulla superficie umida degli occhi?

È una lingua meticcia, di sostanza adulta ma nella forma bambina; è come tornare indietro nel tempo quando anche ciò che non aveva un nome lo si comunicava attraverso l’uso di parole prese in prestito dai grandi.
Quella ricerca affannosa dei bambini di potersi esprimere ma soprattutto di essere capiti, poiché è la via più semplice per essere amati.

Romanin Gary, la cui esistenza non ha resistito forse al peso della vita stessa (è morto suicida  a 66 anni ), ha scritto questo romanzo, La Vita Davanti A Sé, raccontando di un ragazzo e dei suoi dieci anni. È la Parigi degli anni 70, dove i quartieri più poveri vedono la maggior concentrazione di immigrati i quali sono il popolo ed i francesi una sparuta minoranza. 

È il racconto della vita nelle Banlieue quando ancora queste non sapevano di essere tali, è un incrocio di lingue, razze, traffici, mestieri e personaggi che, visti con occhio adulto, non potrebbero riservare alcuna sorpresa se non pietà o ribrezzo  ma,  agli occhi di un bambino queste figure assumono i contorni della famiglia. Laddove la povertà, la provvisorietà, la paura sono il quotidiano e dato che la felicità è nota per la sua scarsità sono le persone e il loro animo ad essere l’unica ricchezza, l’unico rifugio, la sola speranza.
Questa storia appartiene a Mohammed detto Momò, ragazzino sveglio e sensibile, consegnato a Madam Rosa in una sorta di casa famiglia dove condivide con altri bambini la stessa sorte, quella di essere dei figli di puttane.

Così Momò ci racconta che le donne che facevano la vita non hanno diritto di avere la patria potestà, è la prostituzione che lo richiede, al fine di evitare di perdere il bambino e di vederselo consegnato al Brefotrofio si preferiva affidarlo a gente che si conosceva e la cui discrezione era assicurata.

Madam Rosa è una matrona, tanto grassa che quando cammina sembra essere un trasloco vive al sesto piano in un condomino a Belleville e si prende cura di questi figli del Mestiere ricevendo in cambio un vaglia mensile per il loro mantenimento. La condizione di questi bambini è pressoché permanente, le madri non torneranno, Madam Rosa è l’unica donna della loro vita.
Ma questa è la storia di Momò e di quei giorni, quando scopre l’amore, quello di essere figlio e farà di tutto perché questo amore non finisca mai perché c’è una cosa ben peggiore dell’essere soli al mondo, ed è esserlo in due.

Tutto intorno ruotano personaggi meravigliosi nella loro semplicità, da Madam Lola il travestito del Bois de Boulogne,  ex pugile, scolpito nella pelle color ebano ma dall’animo delicato, passando per Hamil, l’amico anziano di Momò che parla ed affascina perché usa termini da saggio ed ha una viscerale passione per Victor Hugo, fino al Dottor Katz che più che curare deve rassicurare Madam Rosa e la sua ipocondria.

Commuove e riesce a far sorridere l’innocenza che sostiene questo romanzo, c’è quello che nel mondo d’oggi non si vuole, ci sono le persone prima della razza, le storie prima della lingua, i sentimenti prima delle religioni. No, non è Momò a farci da traghettatore in queste questioni così “adulte” di rilevanza così sociale, perché non saprebbe neanche come poterle esprimere ma, dove non arrivano le parole arriva il suo agire, ingenuo e sbruffone, ed è la miglior risposta a tutte le domande che il mondo, forse da sempre, si pone di fronte ai “problemi” di integrazione:

Bisogna volersi bene.


E se lo dice Momò che ha dieci anni e forse qualcuno in più, vale la pena dargli ascolto.


Recensione Sensoriale


Vista: Scatola di Scarpe


Tatto: Carta stagnola

Gusto: Miele

Olfatto: Una candela appena spenta

Voglie Impulsive


L'odore dell'acqua di colonia di mio padre

Un pallone, un cortile e una estate senza fine

Un sacchetto di caramelle


Peso in Valigia: 286 Grammi

Investimento: 9.90€

Editore: Neri Pozza

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SOSPETTO di Percival Everett

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"Per uccidere un uomo

il piombo è l'ultimo dei rimedi."


Lessi anni fa uno dei romanzi di Percival Everett per la precisione Ferito, una storia ambientata nel Wyoming con protagonista un cowboy eclettico di mezza età che si ritrova suo malgrado a fronteggiare una situazione che aveva a che fare con un "crimine d'odio".
Ciò che allora mi aveva colpito nel leggere questa storia fu come attraverso un uso pressoché maniacale di periodi essenziali, della punteggiatura e di dialoghi ridotti all'osso, l'autore riuscisse a trasmettere e bene ogni singola sfumatura sia dei personaggi che del contesto in cui erano inseriti.

Questo essere deciso, tagliente, granitico non pesava sul romanzo, anzi  mi restituiva la netta percezione di dove ero e a che punto della storia e che tutto quello che sarebbe accaduto non mi avrebbe mai e poi mai sorpreso del tutto poiché era già scritto dovesse accadere.

Sospetto è esattamente così. Gioca con il lettore Percival Everett con una storia di crime fiction che in ultima analisi lo è nell'intento ma non nella forma; son tre racconti, brevi, che funzionano solo nel loro insieme. È la storia di un vice-sceriffo in un paesino tra i monti e il deserto del New Mexico, Ogden Walker, afroamericano, patito di pesca con la mosca e abile fautore di esche tanto da sembrare un novello modellista mentre armeggia tra ami, piume e fili vari sul suo banco di lavoro.
È il perfetto prototipo della piccola borghesia americana, così lontana dai grattacieli, dallo stress e dai ritmi frenetici delle Big Town; vive in una realtà dove non succede mai niente e sembra che però tutti non aspettino altro che invece accada qualcosa e come dicevo prima inevitabilmente accade.
Ogden si troverà suo malgrado a dover indagare su tre casi di omicidio a macinare chilometri spostandosi tra grandi città e minuscole comunità montane, affrontando tutto quello che l'america lontana dai grandi palcoscenici rivela: droga, prostituzione, fallimenti, alcool, razzismo, sangue.

Unico rifugio a questa "confusione" la sua roulotte ai margini del deserto, la pesca con la mosca e l'affetto e preoccupazione di una madre che sa Sempre ciò che accade in città poiché anche lei ha i suoi informatori.

Il vice-sceriffo dovrà indagare su tre casi distinti di omicidio, e tutte e tre le volte come in un buon romanzo giallo la verità verrà a galla, soldi ben spesi dunque, non fosse per il semplice dettaglio che è proprio nell'inizio che il romanzo nasconde il suo cuore più nero.
Sospetto non sarà più solo un titolo ma ben presto diventerà una condizione.  La verità sarà da ricercare percorrendo insieme a Ogden le più tortuose ed impervie strade del New Mexico a bordo del suo datato ma affidabile pick-up.

Ci si addentrerà nella vita delle persone, nella loro disperazione e semplicità, nei loro fallimenti e lealtà; in quella fragilità che è propria di ogni essere umano e che neanche la vera amicizia talvolta riesce ad intuire.

Percival Everett ci lascia vivere Ogden Walker più di quanto lo stesso vice-sceriffo probabilmente vorrebbe, il suo essere decisamente cinico ed arguto, simpatico ma scostante fa di lui il perfetto ritratto di un uomo sbagliato, nel posto sbagliato, al momento sbagliato.

"La gente mi fa paura".
"Anche a me, tesoro".

C'è un punto preciso in cui quella paura si fa viva, ed una volta scoperto è impossibile liberarsene;
Ogden Walker ci sta conducendo proprio li.



Recensione Sensoriale


Vista: Macchie di caffè sulla tovaglia


Tatto: Una palla da Bowling

Gusto: Uova Strapazzate

Olfatto: Cuoio


Voglie Impulsive


Una camicia di Flanella

Tazza di caffè americano e ciambella

Aldol Darkene Triptizol
Noan Anasclerol
Valitran Serpax Vatran

Peso in Valigia: 309 Grammi

Investimento: 16€

Editore: Nutrimenti

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IL FIGLIO di Philipp Meyer

martedì, aprile 07, 2015 , , , , 0 Comments

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Dio benedica il Texas,

e Dio benedica gli Stati Uniti d'America.



Il figlio di Philipp Meyer è sia un romanzo storico che una saga famigliare. L'intuizione geniale per rendere sopportabile una tale mole di informazioni, di immagini e di usi e costumi persi nel tempo è stata quella di raccontare la storia di una sola famiglia, utilizzando principalmente tre personaggi:

Eli McCullough, secondo genito del capostipite Armstrong McCullough.
Peter McCullough figlio di Eli
Jeanne Anne, nipote di Peter.

Sono tre voci, isolate nello schema della narrazione, ognuna con la sua storia, che non si sovrappongono mai. Raccontano a loro modo, con le tribolazioni, gli scontri, le incomprensioni, delusioni, speranze e rancori, quello che è stato ed è "servito" per fare dei McCullough una delle famiglie più rispettate e potenti del Texas per ben sette generazioni.

A ben vedere è la storia di come gli Stati Uniti d'America siano diventate una potenza a livello Mondiale, e che forse Dio ha iniziato a benedire quando anche l'ultima pistola nell'ultimo appezzamento di terreno ad Ovest, ai confini col Messico, ha smesso di fumare.

Eli è un ragazzino, è il 1846, suo padre fa parte di quei primi coloni che si trasferiscono oltre la linea dei primi insediamenti urbani, in una terra avuta in concessione dal governo. La terra è viva, brulica di creature selvagge, libere e tutto è rigoglioso, ma se l'unico difetto è che quel piccolo paradiso è territorio di caccia Comanche, l'unico problema invece è quello di tenersi lo scalpo attaccato alla testa.

Peter è un cuore nobile, colto, idealista ma in fondo vigliacco. Anche lui, come tutti nella famiglia, deve portare l'onore e l'ònere di essere un McCullough ed è attrraverso i suoi diari che veniamo a conoscenza di come e a che prezzo, questa rocciosa famiglia sia diventata una icona non solo del Texas del sud, ma di tutti gli ex stati confederati.

Jeanne Anne è una guerriera, una "indiana" come spirito. Una donna cresciuta in un contesto prettamente maschilista dove la sua colpa più grande è il suo sesso e questo le preclude tutto. La sua voglia di emergere di essere come "loro", come il padre e soprattutto accettata come i fratelli fa di lei grazie alle attenzioni del Colonnello (il Nonno) una donna risoluta e orgogliosa. Forte come una mandria di bisonti e sola come un lupo che ha perso le tracce del suo branco.
È la custode ultima del nome dei McCullough, dei loro segreti più reconditi, del loro sangue così come di quello che è stato versato.

La narrazione è densa, non si adegua ai personaggi e non cerca di smussarne gli aspetti del loro carattere, è come se fosse l'albero genealogico a parlare e gli spigoli, così come gli accenti, sono tutti marcati nessuno escluso. 
C'è sangue, odio, ricchezza, la pace quella non esiste, nemmeno la morte lo è nella sua eternità.

Eli da ragazzino viene rapito dagli indiani che sterminano la sua famiglia, la sua prigionia negli anni si evolve e lui diventa sempre più parte della tribù, vive con loro e ne sposa usi e costumi. Tutti gli indiani son figli di qualche prigioniero: è così che la loro stirpe si è evoluta finché i bianchi non hanno iniziato a sterminarli. 

Eli, diventato uomo, è ritornato alla civiltà e ha deciso che per rivivere quegli anni selvaggi, quell'essere libero e senza alcuno a condizionarne le scelte sia di vita che di morte (altrui), deve mettere i soldi al suo servizio. Qualche intuizione, le nuove possibilità di appezzamenti rigogliosi e sterminati vicino ai confini col Messico, il saper e voler usare la pistola fanno di lui e di quello che sarà la sua famiglia una icona temuta e rispettata.

Peter vorrebbe seppellire tutto questo, tornare ad una vita più semplice, fare pace col passato della famiglia e con le sue onte. Cercare un compromesso che faccia felici tutti e che liberi dall'incombenza di essere un McCullough le generazioni future. Il suo "tradimento" non porterà da nessuna parte anzi rafforzerà ancora di più l'idea granitica che la famiglia viene prima di tutto a tutti i costi.

Jeanne Anne si adopererà affinché questo impero continui per le prossime dieci o cento generazioni, utilizzerà le terre per ricavarne petrolio laddove prima si allevavano bisonti, terrà alto il nome della famiglia perdendo gradualmente i propri affetti, facendo di tutto per essere pari coi maschi del Sud che la vedono come un intralcio, una alterazione e non come una donna capace, risoluta, scaltra, e più intelligente di loro.
La ricerca disperata di un legame, di una radice comune che tutti potessero riconoscerle e il continuo e ingeneroso paragone coi morti della sua stirpe, così immobili nella loro perfezione e così lontani eppure intatti, mentre giorno dopo giorno la sua carne diventava sempre più debole e il suo Orgoglio le sopravviveva.

È una storia di ombre che si muovono come spiriti su una terra allora rigogliosa e col passare del tempo sempre più povera e sporca.
Non sono i Cowboy dello spaghetti western o gli indiani degli scontri con il Generale Custer, non sono nemmeno gli anni dove si è fatta l'America e la sua democrazia. Non è una fiction, è la vita delle persone e di come queste attraverso le proprie passioni e il libero arbitrio abbiano manipolato, modificato ed infine generato la convinzione che finché una cosa non porta il tuo nome, quella non vale un cazzo.

Possediamo tutti il copyright della nostra esistenza, ma solo se ci viene riconosciuto dallo sguardo succube di chi ci osserva allora capiamo che la nostra posizione nel mondo sarà sempre quella di una casa bianca in cima alla collina, che domina incontrastata e per migliaia di acri su un cielo carta da zucchero e polvere cremisi all'orizzonte.



Recensione Sensoriale


Vista: nuvole di polvere al tramonto


Tatto: le frange di un plaid di lana grezza

Gusto: un bastoncino di liquirizia

Olfatto: resina fresca 


Voglie Impulsive


Rileggere La casa degli spiriti di Isabel Allende

Comprare uno Stetson

Leggere un libro più facile ( faccina che ride )


Peso in Valigia: 614 Grammi

Investimento: 20€

Editore: Einaudi

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L'ERBA DELLE NOTTI di Patrick Modiano

mercoledì, aprile 01, 2015 , , , , , 0 Comments

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"....La butto in caciara,

faccio menar le mani tra pagine e cuore."


Si dice che gli eventi maturino, cioè non che accrescano il nostro grado di saggezza o esperienza, bensì che per un principio riconducibile a qualche postulato delle leggi di Murphy ci si trovi dinnanzi ad un particolare evento e che questo una volta accaduto sia capace di ripetersi in maniera del tutto simile nel giro di pochi tagli di tempo.
La scorsa Recensione parlavo di come una postfazione mi avesse svelato un mondo di narrazione che non avevo saputo riconoscere ed apprezzare.
Perfetto, in modo simile, ci risiamo.

Il libro di Patrick Modiano (Premio Nobel per la Letteratura 2014) L'erba delle Notti invece di svelarsi grazie a qualche ulteriore pagina posta tra la parola fine e il piatto posteriore aveva nascosto nel risvolto di copertina un nome particolare, che grazie a qualche ricerca storiografica mi ha reso più compiuto il senso dell'opera.

Ora, di cosa vi posso parlare?
Del libro, che è un viaggio in prima persona frugando tra i ricordi scaturiti da un taccuino nero, di una Parigi sotterranea e carbonara dove avvenivano incontri in certi caffè a tarda notte presidiati dalla buoncostume, di vie, quartieri, appartamenti che il tempo ha cambiato, ridipinto ma il cui fascino e inquietudine di quei giorni riemergono prepotenti.
Appunti in un taccuino nero, alcuni nomi stranieri e di concittadini, ovviamente una donna affascinante e il sospetto che sia stato commesso qualche cosa di grave, una frattura, uno svantaggio.

Perchè leggere dunque una specie di diario che viaggia avanti e indietro nel tempo?
Perchè leggere di un giovane scrittore che cerca di ricostruire una storia che lo aveva coinvolto non solo emotivamente?

Una risposta? Non lo so.

È una lettura che da la sensazione di essere ad un passo dal riunire tutti i frammenti e l'oggetto che ci verrà restituito sarà inevitabilmente simile all'originale, ma crepato, rovinato dalla caduta, dalla gravità dell'evento e dal tempo, che non cauterizza ma dilata le ferite.
Cicatrici buie e profonde dove si perdono le parole e la superficie frastagliata dei ricordi non coincide mai perfettamente con quella dei rimpianti.


È stata una lettura difficile, trangugiata quasi.
La scrittura non ha colpa alcuna anzi, ma per via delle condizioni in cui ho dovuto leggere questo libro l'ho patito.
Essermi posto l'obiettivo di completare la lettura di 52 libri in 52 settimane fino ad adesso mi aveva solo restituito belle storie, emozioni sparse e impressioni da affidare ai pixel di uno schermo; ciò che ignoravo è che la vita ci riserva situazioni a cui non siamo preparati, ed una cosa che da sempre affianchiamo allo svago o evasione come la lettura invece diventa obbligo e etimologicamente siamo vincolati a rispettare questo patto anche quando la mente, gli occhi, i pensieri dovrebbero e vorrebbero essere da tutt'altra parte.
Sì, mi sono cacciato in gola letteralmente questo libro, l'ho letto controvoglia, contro-tempo finanche contromano.

"Il potere delle storie" qualcuno lo chiamerebbe, l'onda lunga di un racconto, ecco oggi mi trovo a scrivere questa confessione più che recensione perchè quel dannato risvolto di copertina e quel fatto storico (che non vi svelo per darvi al solito il modo di andare in libreria, aprire il libro, sbirciare, digitare su google e poi bullarvi al bar) hanno rilanciato con forza la sensazione che quello che avevo appena letto fosse un opera affascinante. 
L'uso iniziale di ripetizioni costanti, di rimandi come se si leggesse davvero un taccuino di appunti presi e dimenticati, il cercare di svicolare una matassa tra l'hall di un albergo e stanze sconosciute, in cui, una volta abbandonate ci si ricorda di aver lasciato la luce accesa. Più per aver presente a sè stessi di esserci passati, di averci vissuto, che per una dimenticanza non programmata.

Questo viaggio inizia esattamente nel giorno in cui ogni settimana io devo portarlo a compimento e Modiano, da Premio Nobel per la letteratura quale è, semplicemente in sedici parole ci spiega perchè è il momento in cui tutto accade:

Ma se sei da solo, sopratutto nel tardo pomeriggio,
le Domeniche aprono una breccia nel tempo.

Buona Lettura. 


Recensione Sensoriale


Vista: Inevitabilmente Rue du Montparnasse


Tatto: Tende di velluto rosso

Gusto: Liquore triple sec

Olfatto: Inchiostro


Voglie Impulsive


Origliare una conversazione sussurrata

Prendere una decisione

Fare una scelta giusta per la ragione sbagliata

Peso in Valigia: 288 Grammi

Investimento: 18€ 

Editore: Einaudi

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