CENTRAL PARK di Guillaume Musso

www.lostinatolettore.blogspot.it

-Di cosa hai paura?-

-Di dimenticarmi-

-Che cosa?-

-Me stesso-


Central Park di Guillaume Musso è un thriller, sembra che l'autore sia stato guidato nella stesura dalla stessa urgenza con cui il lettore vuole arrivarne alla conclusione. Non ci sono tregue, a ben vedere i colpi di scena sono pochi ma strabilianti, l'immediatezza della trama così come la costante tensione emotiva, che solo una scrittura semplice e ritmata possono supportare, fanno di questo libro un piccolo capolavoro.
Il tempo sembra dilatarsi, le pagine una dopo l'altra vengono declinate al passato e se Alice e Gabriel vogliono riuscire a scoprire chi può aver ordito un "gioco" tanto sadico quanto terrificante, dovranno scavare a fondo nelle loro vite, nei loro ricordi, ansie, paure.
Fino a toccare con mano il dolore, vivo e acuto, quel dolore che solo chi ha perso tutto, di chi sente che il proprio presente non conceda più un domani per cui valga la pena portare avanti il peso della propria esistenza, è tenuto a sopportare e ad accettare.

Alice è una poliziotta di Parigi, dirige un nucleo investigativo, l'unica donna fra cinque uomini. È risoluta, determinata, astuta e ciò che più conta attenta ai dettagli anche a quelli all'apparenza insignificanti, ma essere un detective è come dover montare un puzzle di migliaia di tessere.

Non avere davanti però l'immagine esatta di ciò che si deve andare a ricostruire porta a dover usare intuito e razionalità, ma quando queste non son sufficienti per venirne a capo allora adrenalina e vanità fanno si che, anche se incompleto, questo puzzle lo si reputi risolto e si prendano decisioni, talvolta vitali, non solo per se stessi.

Gabriel è un musicista jazz, attraente e sbruffone, il suo vissuto fa di lui il più classico degli "irrisolti" metropolitani, troppo alcool, troppa musica, troppi pensieri, troppe donne, ma Gabriel dietro quello sguardo così accogliente e strafottente nasconde un'anima combattiva, una umanità che lo porta a prendersi a cuore il bene delle persone e come se si fosse svegliato in un labirinto fatto di soli specchi deformati, riesce comunque a trovare una via d'uscita, una soluzione, a tutto, per tutti.

Gabriel ed Alice si svegliano una mattina di Ottobre, l'uno ammanettato all'altra, su una panchina a Central Park. La sera prima l'uno suonava in un club di Dublino, l'altra era uscita a divertirsi con le amiche sugli Champs-Elysées a Parigi.
Quelle manette, che ora ai due segnano i polsi e lacerano la pelle, in breve diverranno un legame che va oltre il freddo dell'acciaio. Non sono in dubbio solo le loro esistenze, in bilico tra il possibile e l'improbabile, ma come in un gioco di ruolo dovranno, l'uno per l'altra, combattere una entità ostile e subdola che fin dal principio sembra aver segnato un percorso a ritroso nel doloroso e fumoso passato di entrambi.

Central Park è come una partita a scacchi, un bagno freddo per la mente.
Ed è come avere il pezzo da muovere sospeso a mezz'aria e proprio nel mentre stiamo per compiere la nostra mossa, la scacchiera stessa prende vita e modifica la situazione di partenza.

Alice si sente esattamente così:

"Mentalmente ricostruisco uno scenario fondato su ipotesi improbabili, alle quali tuttavia desidero credere."

E noi con lei.

C'è un solo modo per ricordarsi di una strada, percorrerla a ritroso.

RECENSIONE SENSORIALE


Vista: Un cumulo di foglie


Gusto: La persistenza di un buon vino

Tatto: I denti di una cerniera

Olfatto: Caldarroste


VOGLIE IMPULSIVE


Il Paese delle Meraviglie

Godermi il finale

Il sole freddo di Novembre


PESO IN VALIGIA: 427 Grammi


INVESTIMENTO: 18€


EDITORE: Bompiani

0 commenti:

ODETTE TOULEMONDE di Eric-Emmanuel Schmitt - LA LOTTERIA di Shirley Jackson

www.lostinatolettore.blogspot.it


A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z


Ci insegnavano, ovviamente, a parlare, a esprimerci, a dialogare, la prima persona, la terza persona, il noi e il voi, ci insegnavano dicevano la lingua dei nostri tempi: Le Immagini.

Avete capito bene, "leggevamo" le immagini, parlavamo attraverso le immagini, dialogavamo con esse e attraverso esse. Un tempo remoto mio nonno mi raccontò di una civiltà che non usava solo le immagini, ma che si esprimeva usando le parole; obiettai  che anche noi ci esprimevamo usando le parole ma lui mi interruppe e avvicinando la sua bocca al mio orecchio pronunciò quello che aveva l'aria di essere un vocabolo proibito, sapeva di tabacco e nocciola, sapeva di silenzio e clangore, e disse: Scrivevano.

Scrivevano, mi ci vollero anni per comprendere appieno cosa significasse, dopo che udii quella parola capii di non poter avere altro scopo nella vita. Dovevo Scrivere.

Facile direte voi, prendi una penna, unisci le lettere dell'alfabeto fino a formare una parola più o meno lunga, e mentre la scrivi ne scopri il suono nella mente, muovendo quasi impercettibilmente la lingua sul palato.
Ecco, già che ci siamo io non sapevo nemmeno cosa fosse una penna, non sapevo cosa fosse l'alfabeto, sapevo però dirvi cos'era un albero e come era fatto, conoscevo la parola albero, ma solo perchè me l'avevano fatto vedere su una lavagna luminosa in una classe affollata di bambini vestiti tutti uguali.

Eh ma scrivere A L B E R O è tutta un'altra cosa. È l'immagine più potente che esista è come se i colori, la forma, esplodessero letteralmente nelle sinapsi. È come avere un proiettore potentissimo, dietro gli occhi, che occupa tutto il nostro campo visivo con la quercia più grande che abbiate mai visto.

Ero un analfabeta, leggere immagini e comunicare con esse era molto più facile, richiedeva meno impegno, era tutto a portata di indice; a pensarci bene tutto poteva essere additato.
Laddove il semplice indicare non era sufficiente, interveniva un chip neurale il quale collegato in remoto ad una specie di cervellone centrale, faceva si che quelle cose per cui non si riuscivano a trovare immagini a portata di mano, diventassero disponibili su dei piccoli palmari che avevamo sempre con noi.

Un esempio? pensate ad un bambino che piange e ad un genitore che non ne capisce il perchè, di colpo sul palmare del padre e della madre compare l'immagine di un biberon.
Il bambino ha fame, mamma e papà sollevati lo accontentano e il bambino smette di piangere.
Il chip leggeva la nostra mente, le nostre emozioni, sensazioni, bisogni e li traduceva in concetti il più elementari possibili.

È complicato? se lo è per voi, figuratevi per me quanto lo è stato imparare a scrivere.
Dopo quell'incontro con mio nonno, ne fecero seguito altri e ogni volta gli chiedevo di raccontarmi qualche cosa di più, di addentrarsi nei ricordi di quella civiltà, di mettermi a disposizioni gli strumenti per imparare quella che sembrava un'arte magica e antica, potentissima.
Mio nonno era reticente, continuava a ripetere di non parlarne con nessuno, di tenere segreto il contenuto dei nostri incontri, e di comportarmi come sempre.

Mi parlò dei libri, della carta, di matite e dell'inchiostro, dei caratteri, della stampa e dei numeri. Ero affascinato, le sue parole parevano uscire da un carillon che per troppo tempo aveva preso polvere, era una musica arrugginita ma squillante, era il lascito di un uomo a cui mancava irrimediabilmente poter imprimere qualcosa: io ero la sua pagina bianca, la sua voce l'inchiostro.

Vorrei poter continuare a raccontarvi la mia storia, e forse un domani lo farò, ma ora devo andare, vivo in clandestinità. Delle quattro dimensioni mi manca quella fondamentale, così come mancò a mio nonno, il tempo.
Se troverete queste mie parole, e so che le troverete, allora riprendete da dove ho lasciato io.
Tutto quello che vi serve è custodito in questi due oggetti, si chiamano libri, (me li regalò mio nonno) son fatti di carta (fate attenzione alle fonti di calore, tende a prendere fuoco) e si leggono (che parola meravigliosa) da sinistra verso destra, dall'alto verso il basso. Sono le due ultime copie rimaste, credo in tutto il mondo, scoprirete con essi non solo le parole, ma la grammatica, la punteggiatura, l'uso delle virgole e dei punti, sui punti e virgola invece ammetto che ancora adesso ho qualche dubbio.

Non scoraggiatevi, so che tutto questo vi sembrerà un ammasso di simboli neri su sfondo bianco e che vi mancano un sacco di spiegazioni su come si compongono e leggono le parole, ma risolverete l'enigma se avrete utilizzato l'immagine che vi ho lasciato all'inizio di questo racconto. Mettete insieme le lettere e troverete la soluzione: la storia.
Se ci sono riuscito io, allora ce la farete anche voi.

Scrivete, perchè le immagini se non incontrano le parole non diventano mai emozioni.

Sinceramente Vostro

Albero.


RECENSIONE SENSORIALE


Credo che non ci sia bisogno di aggiungere i cinque sensi a quello che ho scritto, questa è una recensione sensoriale nel vero senso della parola, ho usato quello che sentivo e l ho tramutato in un racconto. 
Il tutto è stato ispirato da due storie contenute in questi affascinanti libri, che per motivi diversi, catturano e coinvolgono.
Il primo, È una bella giornata di pioggia, fa parte di una serie di otto racconti nel libro Odette Toulemonde di Eric Emmanule Schmitt, il secondo invece Colloquio è inserito nel libro La Lotteria di Shirley Jackson.
Se potete abbiatene cura.

VOGLIE IMPULSIVE


È quello che ho appena fatto.

PESO IN VALIGIA: 250Grammi in totale

INVESTIMENTO: 8€ + 9.50€

EDITORI: Edizioni e/o (Odette Toulemonde), Adelphi (La Lotteria)

0 commenti:

BASTADDI di Stefano Amato

www.lostinatolettore.blogspot.it


- ..Ma son morti tutti? -

- Si perchè? -

- Perchè uno l' avrei ammazzato volentieri -


"Con il termine Mafia si intende un sistema di potere esercitato attraverso l'uso della violenza e dell'intimidazione per il controllo del territorio, di commerci illegali e di attività economiche e imprenditoriale; è un potere che si presenta come alternativo a quello legittimo fondato sulle leggi e rappresentato dallo Stato."

Una sorta di Contro-Potere.

Dunque, come si fa ad annientare un sistema come Cosa Nostra se il solo Potere dello Stato non è abbastanza efficace; Potere e Contro-Potere paiono annullarsi a vicenda, un testa a testa che non porta a nulla, per sbilanciare i rapporti di forza serve una variabile.

Bastaddi vuole suggerire questa variabile, è un libro provocatorio, Stefano Amato è un provocatore e di mestiere fa lo scrittore, non l'esempio.

Prendere in "prestito" una sceneggiatura di un film come Bastardi Senza Gloria e riadattarla con una cover letteraria in chiave Siciliana è stato un azzardo che alla fine ha pagato. Il Film di Tarantino ha riscosso grandi consensi, coinvolto il grande pubblico, portando sullo schermo con un linguaggio semplice e pungente quello che sostanzialmente è l'istinto umano contro ogni ingiustizia. 
Solo che nel farlo ha deciso di dar voce a quell'istinto basso, belluino, incontrollato ed incontrollabile come solo la violenza contro i soprusi può essere, che però se libera di sfogarsi può tramutarsi in sadismo e perfidia.
Quindi quale scenario migliore se non quello della guerra, dove le regole del vivere civile avevano abbandonato intere nazione, dove la violenza sembrava essere l'unica via verso la salvezza.

Machiavelli sarebbe orgoglioso sia di Bastardi Senza Gloria che di Bastaddi: Il fine che giustifica i mezzi.

Di cosa tratta dunque Bastaddi?

Di Guerra alla Mafia, di un gruppo di uomini, di prescelti, lontanissimi dai canoni dei militari in carriera, per i quali la missione è tanto più importante quanto più se ne sentono coinvolti emotivamente. Quindi, armi e coltelli in pugno son pronti ad una lotta senza quartiere, e senza regole, senza pietà contro quella montagna di merda che sono la Mafia ed i Mafiosi.

Questo manipolo di Bastaddi fa incetta di scalpi Mafiosi, gira in lungo ed in largo la Sicilia uccidendone il più possibile, il più barbaramente possibile. Chiaramente tra i vari picciotti inizia a serpeggiare paura e i Boss vogliono arginare questa isteria cercando di dare una dimostrazione sia di forza che di compattezza. Così, come se si trattasse dell' esercito ed il malcontento che serpeggia nelle truppe andasse estinto, i Boss di Cosa Nostra vogliono celebrare il loro onore e la loro comunanza, auto celebrandosi ad una serata al Cinematografo proiettando un film Mafioso su uno dei loro novelli e coraggiosi "eroi".

La Bravura di Stefano Amato sta nell'aver usato una scrittura godibile, creativa il giusto, senza mai lasciarsi prendere dalla smania di voler ricalcare pedissequamente tutti i passaggi del film. In questo modo è riuscito a costruire una trama nuova, del film utilizza grosso modo le trovate e le situazioni, ma riscrive completamente la storia, i personaggi e riesce magistralmente a collocarli nella sua Sicilia; caratterizzandoli talmente bene da rendere vividi tutti i luoghi comuni attraverso cui, da esterni, osservando questa terra circondata dal mare, si possa puntare il dito e dire "ecco vedi che è proprio così".

Già, ma i luoghi comuni come i mafiosi sono duri a morire, e sta qui la provocazione profonda di questo testo, cioè che per sconfiggere i Mostri bisogna essere disposti ad esserlo a propria volta.

La fortuna vuole che questa sia solo una storia.

La sfortuna, invece, vuole che questa stia solo dentro un libro.

Al di la di tutto questo incrocio tra etica e opportunità mi ha riportato alla mente le parole di Piero Calamandrei, il quale dall'alto del suo senso civico/civile ci vuole ricordare sempre che

Dove non v'è libertà, non può esservi legalità.

Con tutto quello che ne consegue...sopratutto per i Bastaddi.

RECENSIONE SENSORIALE


Vista: Una foto di Robert Capa


Tatto: Gesso

Gusto: Canditi

Olfatto: Mandorle


VOGLIE IMPULSIVE


Libera

Rivedere i Cento Passi

'Fanculo l'Onore e l'Omertà (Litfiba - Dimmi il Nome)

PESO IN VALIGIA: 276 Grammi

INVESTIMENTO: 16€

EDITORE: Marcos Y Marcos

0 commenti:

SETE di KERRY HUDSON

www.lostinatolettore.blogspot.it


Tu sai cosa è un clichè?

Io no, e tu?

A me sembra di averlo appena letto.


L’avevo detto in tempi non sospetti, quando all’inizio di questa avventura avevo stilato le “regole” di #Progetto52; certi libri vanno abbandonati.

Probabilmente, il fatto che in questo periodo della mia vita non riesca ad essere empatico verso certe storie d’amore non è di aiuto. Quando lo sguardo deve scorrere tra righe che tessono un canovaccio che lentamente si impregna di un certo sentimentalismo, la lettura assume più i tratti della punizione che del piacere.

Kerry Hudson giovane autrice del romanzo Sete ha l’indubbia capacità di legare le parole e raccontare una storia che si sviluppa abbastanza agevolmente in una trama ricca e complessa, dove i due protagonisti Dave ed Alena cercano come novelli Renzo e Lucia di raggiungere non la felicità, ma quell’Una che a tutti è concessa.
È un racconto di due solitudini come tante ce ne sono nella letteratura, che attraverso alcuni balzi letterari sembra solcare mari in tempesta.

Una giovane ragazza Russa, ingenua e sognatrice che con la superficialità di chi vuole evadere dalla mediocrità credendo di meritare di più, si lascia convincere a partire per il sogno della grande città, del grande amore, della grande e fallace avventura in terra straniera per poi un domani sentirla propria.

Un altrettanto giovane ragazzo, confinato in una vita mediocre e ripetitiva, senza sussulti con un passato fatto di amicizie e amori talvolta sbagliati lo spingono a lasciare la sua periferia dove sente di vedere e vivere solo i bordi della vita, per respirare il profumo potente dei propri sogni e seguirne la scia.

Inevitabilmente due persone così, sprovvedute e sensibili, son destinate ad intrecciare i loro destini. Una città immensa e decadente come Londra riserva per loro posti e situazioni che fanno di una storia d’amore un calvario.  Progetti sbagliati, Persone abiette e malvagie, bugie, fughe da paure che più che forza propulsiva son argini viscidi e insormontabili e quell’incomunicabilità di certi passati che diventa straziante, tanto da leggere quanto da vivere.

Il “ma” in tutta questa storia è il suo essere piatta, artificiale, dove tutti i clichè laddove possono essere applicati trovano spazio e conforto.
l’odore di sesso non consumato ed è esattamente così che ti senti dopo aver lasciato indietro l’ultima sillaba di questa storia. Con addosso quella strana sensazione di cose che sai che sarebbero capitate e nell’ordine esatto in cui sarebbero successe, ma  questa consapevolezza ti infastidisce perché non trova conforto in quello che più di tutto volevi, lasciarti dietro non solo la loro storia ma forse anche un pezzo della tua.

Sete è un romanzo per chi vuole una storia di oggi, in cui ci sono tutti gli ingredienti per empatizzare con due protagonisti in cerca di sé stessi. Sarebbe ingeneroso comunque chiudere questa recensione senza dare il dovuto merito a Kerry Hudson, scrittrice di indubbio talento, abile e raffinata nel linguaggio, sicura e scorrevole anche quando il miele inizia a diventare troppo e si rischia il diabete. I passaggi migliori rimangono quelli in cui i personaggi secondari intervengono sulla scena, scombinando i parametri rendendo più rapsodico il movimento concettuale della storia e creando storie nella storia senza mai impedire a questa la sua immediatezza e semplicità

La Meravigliosa copertina di questo volume edito da BeatEdizioni fa di questo libro un oggetto bellissimo al di la del piacere o meno che si prova leggendolo.


RECENSIONE SENSORIALE


Vista: La luce di una finestra

Udito: Small Blue Thing di Suzanne Vega

Tatto: I tasti neri di un pianoforte

Gusto: Impasto per dolci

Olfatto: Il filtro bruciato di una sigaretta


VOGLIE IMPULSIVE


Fare la spesa

Pulire casa

Impegnare la mente


PESO IN VALIGIA: 279 Grammi

INVESTIMENTO: 13.90€

EDITORE: Beat Edizioni

0 commenti:

FINAL CUT di Vins Gallico

www.lostinatolettore.blogspot.it

Se ti sei tagliato, metti un cerotto.

Certo ma se a tagliarmi è stato l'amore?

allora mettici coraggio...



Ventinovesima Copertina tra le mie mani, ventinovesima recensione, come mi è già capitato vado a parlare di un libro che mi ha affascinato prima per il titolo poi per il contenuto. L'ho notato uno stiracchiato giorno d'estate nell'inserto TuttoLibri de La Stampa e il pomeriggio stesso lo ordinavo in una nota libreria Torinese di Via Po.

L'idea è geniale; la Final Cut S.r.l si occupa unicamente di traslochi, a voler essere precisi si tratta di traslochi emotivi.
Ogni anno centinaia se non migliaia di coppie si lasciano, smettono di amarsi, si odiano, vogliono farla finita col proprio partner, vogliono cambiare, darci un taglio, netto, decisivo, finale.

Quando un amore si arena l'istante più difficile, per chi non riesce ad uscire dalla secca sentimentale, è quello di comunicare la fine del rapporto, di riconsegnare gli oggetti che hanno in un modo o nell'altro fatto parte dell'arredo emozionale dell'individuo amato.
Riprendere in mano anche solo un libro, rileggere una dedica, o sfiorare una souvenir comprato in una remota vacanza felice di coppia, possono generare dubbi, ricordi, rimorsi, perplessità e spesso si cede al ricordo di ciò che si era per preservare se stessi dalla fatica di una separazione e l'altro dal peso di subirla.

Ed è qui che entra invece in gioco la Final Cut. Ad occuparsi di tutto questo, sotto la attenta supervisione del committente, ci pensa il nostro protagonista, inventore e realizzatore di questa particolare agenzia di servizi. 
Il trasloco avviene avendo prima concordato il prezzo in base al tariffario di cui l'azienda dispone; una volta deciso il tipo di trattamento, si passa all'atto pratico: quello di confezionare e caricare i colli al cui interno andranno a trovare posto le Cose del destinatario. 
La Final Cut si occupa anche di comunicare al destinatario la conclusione del rapporto sentimentale, di elencarne, attraverso un format preimpostato ma malleabile, le motivazioni della rottura e di dare la possibilità al destinatario di allegare un messaggio di risposta.

La differenza la fa proprio questo aspetto, la possibilità di avere un tempo per riordinare le idee, tracciare le fila di un rapporto, insomma riavvolgere il nastro e lasciare che sia la Final Cut a declinare al passato il verbo amore e consegnare oltre agli oggetti una motivazione che è comunque frutto di un processo. La Final Cut fa quello che nella vita normale spesso non accade; semplicemente ti ascolta. 
Non giudica e non fa nulla perché la storia d'amore debba trovare un lieto fine, segue il flusso di parole e pensieri, prende appunti, traccia un profilo e trova al posto tuo, laddove tu non riesca, una motivazione plausibile, reale, accogliente.
Ciò che rimane è esattamente il Taglio Finale, è come se così facendo la storia d'amore vissuta mantenesse la sua sensazione di sospensione, di eterno, come un palloncino che scappa dalle mani e vola via ma si ferma su un soffitto troppo alto per essere riacciuffato mentre resta comunque a portata di sguardo.
E tutto il dolore, lo sconforto, la deriva verso il basso dei sentimenti rimangono isolati dalla storia, poichè non sembrano far parte di questa, bensì di una consegna.

Io non consegnavo merci, restituivo simboli..

Il protagonista di questa commedia cosi attenta ai nostri tempi non ha un nome, e non potrebbe essere diversamente, il vero protagonista è la Final Cut, la sua azienda, la sua missione. È una idea che non sarebbe venuta in mente a tutti noi, ma tutti, avremmo voluto almeno una volta nella vita averne potuto sfruttare i servigi. 
Il romanzo tra le varie vicende che vedono coinvolta questa particolare azienda, tra clienti fedelissimi, consegne complicate, e storie di un amore che mai come prima ci viene proposto come un collo da riconsegnare, scorre come un rivolo d'acqua in una tinozza, ci riempie pian piano; di domande, di sorrisi a denti stretti, di ricordi e di emozioni contrastanti.

L'amore non si può restituire, solo contraccambiare.

Ma quando l'amore finisce bisogna amputare. Nessuno di noi ha la forza di tagliarsi un braccio od una gamba da solo, ecco la Final Cut, taglia ciò che altrimenti noi lasceremmo li ad incancrenirsi.
L'arto fantasma avrà la forma del ricordo, ma il legame non sarà più effettivo.

Ma perchè dunque rivolgersi alla Final Cut?
È il protagonista stesso a rispondere a questa domanda:

Chi si rivolge alla Final Cut non lo fa solo per vigliaccheria, come credevo quando l'ho fondata, ma anche per incapacità a contenere la sofferenza, ad accettarla.
Alcuni hanno bisogno di un'eutanasia, altri richiedono l'autopsia sul cadavere della loro storia d'amore.

È una storia che ne racchiude altre, ed inevitabilmente, in almeno una di queste finiamo per immedesimarci; letta così l'amore pare questi banale, semplice, schematico, con una sua grammatica precisa. Forse è proprio così visto una volta finito, ma quella grammatica, quando si vive il Noi, muta; assume nuove regole e forme, esattamente come un dialetto le cui uniche persone capaci di capirlo e parlarlo sono gli innamorati.

L'autore Vins Gallico con una prosa sciolta e moderna ha saputo caratterizzare l'azienda lasciando al suo creatore la libertà di muoversi tra ricerche di Neuro-Marketing, suggestioni filosofiche, brevi trattati di psicologia e soprattutto non negare al lettore la scoperta della storia del protagonista, la sua difficile ricerca del Final Cut.

Le regole della Final Cut sono quattro e apparentemente semplici:

Assenza di partecipazione
Distacco
Sospensione del giudizio
Imparzialità

Bene, se per caso un giorno dovessero suonare alla vostra porta e sulla soglia foste costretti ad accogliere un individuo con una strana divisa ed un logo appariscente sappiate che forse non è esattamente la consegna che stavate aspettando, bensì quella definitiva.

Siate cortesi, in fin dei conti sta solo facendo il suo lavoro.


Recensione Sensoriale


Vista: Una rampa di scale


Tatto: La fredda cornice di un fotografia

Gusto: Aceto

Olfatto: Libri dimenticati


Voglie Impulsive


Scatoloni, Forbici, Nastro

Ricordi

Domani...


Peso in Valigia: 304 Grammi

Investimento: 16,00€

Editore: Fandango Libri

0 commenti:

SETTE BREVI LEZIONI DI FISICA / NUDI E CRUDI / TROPPA IMPORTANZA ALL'AMORE



All You Need Is Love


Non poteva che essere questa l'intestazione alla tripla recensione che mi accingo a scrivere.
In sede di presentazione a questo Blog ho citato una frase di Pennac che riguarda la lettura e che recita:
...la lettura non ha niente a che fare con l'organizzazione del tempo sociale.
La lettura è, come l'amore, un modo d'essere.

C'è sempre tempo e spazio per avventurarsi tra le righe sottili di un romanzo e perdersi in una storia, talvolta questo tempo si espande, si contrae, così come lo spazio intorno a noi e quando intendo spazio il concetto si può tranquillamente associare al Cosmo, a quella infinita serie di puntini luminosi che colmano il nostro sguardo alzato al cielo fino alla curva linea d'orizzonte.

Calore.  Ecco, una parola all'apparenza semplice che rimanda a corpi stesi sotto il sole o ai medesimi avvolti da spesse coperte e tazze fumanti, eppure in questa semplicità si può racchiudere l'essenza stessa dell'esistenza, dell'Universo e perchè no dell'amore.
Di fatto il concetto di Calore implica anche una variazione affatto trascurabile e cioè quella del Tempo, più precisamente di Passato e Futuro.
Mi rendo conto che quello che sto scrivendo sembra più un trattato fisico-filosofico, ma come spesso accade le due cose viaggiano di pari passo e la scoperta che il Calore è il fenomeno fondamentale che distingue il Passato dal Futuro oltre ad essere una delle più grandi scoperte della Fisica Statistica, per chi è minimamente romantico può assumere un valore imprescindibile per quello che è la concezione dei sentimenti e il loro manifestarsi.
Fu tale Boltzmann a intuire questa correlazione e per non farci mancare nulla sapete quale è il motivo per cui il Calore va dalle cose calde alle cose fredde e non viceversa e quindi perchè possiamo riconoscere ciò che è passato dal futuro?  È Il Caso. Esatto...la probabilità.
Forse vi ho persi, ma magari qualcuno è incuriosito e vorrebbe approfondire maggiormente l'argomento, ebbene non dovete seguire un corso di Fisica Statistica al Politecnico e rituffarvi anima e corpo in libri di fisica quantistica, vi basta accedere ad una libreria e chiedere Sette Brevi Lezioni di fisica di Carlo Rovelli. 
Un bignami, praticamente, un centinaio di pagine che portano la mente a contatto con concetti e teorie all'apparenza immense e imperscrutabili ma che con delizia, passione e gusto (fondamentale trattandosi di argomenti complessi) nella scelta del linguaggio ci vengono proposte come un arricchimento personale, come un tarlo anzi un seme che ad alcuni potrebbe far nascere o tornare la voglia di prendere percorsi di studio ambiziosi ma di sicuro appassionanti.

Le cose del mondo interagiscono in continuazione l'una con l'altra, e nel fare ciò lo stato di ciascuna porta traccia dello stato delle altre con cui ha interagito

Applicate a ciò un concetto di calore umano e di tempo, di una condizione precedentemente unica e successivamente doppia e "fisicamente", a mio modesto parere, avrete trovato ciò che genera l'Amore.


Furto.  Forse non basta la narrativa intera per descriverne le possibili varianti, vi sono furti tutti i giorni, e di ogni tipo, da quelli materiali a quelli della personalità ma restano eventi unici circostanziati; e se invece il Furto fosse solo un punto di partenza?
Meglio andare per ordine o vi perdo anche qua.
Casa Ransome è stata svaligiata, si ma non con il solito modus operandi dove tra cassetti ribaltati e mani che han frugato ovunque nell'appartamento signorile di una Londra borghese vengono a mancare gioielli, contanti e qualche componente d'arredo; no qui siamo di fronte alla massima espressione di furto, laddove tutto, e quando dico tutto intendo Tutto è stato sottratto dall'appartamento dei coniugi Ransome. Dal rotolo di carta igienica al divano, dal forno con lo sformato al suo interno, alla moquette.
Restano a ricordare quello che era un appartamento le pareti, le porte e i sanitari.
Ed è da questo "vuoto" che la coppia deve ripartire, con lui Mr Ransome avvocato snob e distaccato che si deve arrovellare per comprendere il perchè di un furto così ordito ed ardito e lei Mrs Ransome donna consumata da un matrimonio dispari dove il suo essere finisce sempre per essere rimproverato o corretto dalla tracotanza di un uomo troppo pieno dell'idea di sè.
Attraverso la televisione, le nuove conoscenze di una città multietnica come Londra e per mezzo di una audiocassetta di effusioni e gioventù, la coppia inizierà a scoprire e forse in parte comprendere quello che le è realmente accaduto. Ovviamente essendo dispari come coppia, il ricostruire e ricostruirsi non avverrà per entrambi con gli stessi tempi e modalità e sarà una scoperta ancora più grande, da parte di uno dei due, quella di attribuire a quel vuoto un momento caro e infinitamente utile per ripartire.
Alan Bennet con una scrittura asciutta ma mai banale ritrae questa situazione grottesca e paradossale facendo leva sull'ironia di fondo e sulle peculiarità dei due personaggi principali, anche qui ci troviamo di fronte ad un libro che non supera le cento pagine ma volenti o nolenti non sarebbe potuto essere diversamente pensato, scritto, pubblicato. Ed in fondo, anche qui c'è un Amore che da tempo era stato rubato.

Nudi e Crudi di Alan Bennet edizioni Adelphi

La gente [...] può fare a meno di tante cose; il problema è che non riesce a non andare a comprarle


Behave.  Nella lingua d'Albione significa Comportarsi Bene, che poi il comportamento è solo la somma di quello che siamo in base alle situazioni che abbiamo vissuto. Siamo macchine semplici, e per semplici intendo che abbiamo sempre la possibilità di scegliere tra due opzioni, il bene e il male.

Ma questo non c'entra col libro di Valeria Parrella - Troppa importanza all'amore, o meglio Behave è il titolo di uno dei suoi racconti inseriti in questo libro, in tutto otto.
È facile immaginarsi un testo pregno di sentimenti, di spezzoni di amore distribuiti in momenti casuali ed auto-conclusivi, questo solo perchè non si è abiutati (come me) a leggere racconti, a scoprire la bellezza immediata di storie che iniziano e finiscono in un frammento di vita, quasi una pesca sportiva, dove una volta catturato il pesce lo si libera nuovamente nel mare. Ecco per me il racconto ha questa essenza, hai ottenuto quello che volevi, te lo sei guadagnato, ma non è tuo, la storia che hai pescato è di tutti e così nel mare di umanità dove l'hai scovata così va restituita.

Behave parla di un uomo ,Buddy, un marinaio, della sua famiglia e dell'amore; di un marito e di un padre. Le difficoltà che il mare porta ad affrontare durante le lunghe traversate, il perdere la direzione il senso della misura dal tempo, dalla vita e dalla morte.
La casa, il porto, la città Liverpool che un tempo era essa stessa il porto e non solo una parte, la moglie Jude e il suo cuore che brucia battiti senza sosta per suo marito e per il loro figlio Brandon, un ragazzo che non è uguale agli altri, che nonostante i medici fin da piccolo dicessero che lo era, agli occhi di sua madre è invece chiaro non lo sia e non lo sarebbe mai stato. 
Dio talvolta non gioca per la squadra di casa, non gioca proprio, osserva, cazzo c'avrà da guardare...
È un racconto vivo, di quelli che non riesci a smettere di leggere perchè a Buddy magari non riescono tanto bene le parole, ma si fa capire, la sua semplicità sta proprio nel fatto di avere sempre ben chiara la direzione da prendere.
Quella è la prua e quella è la poppa, sopra c'è il cielo e sotto il mare e tu stai in mezzo. Così ti devi dire, ti abituerai 
...e non riesco a dire molto altro, perchè sì il racconto di Buddy parla di amore, di quello di un genitore per un figlio, di quanto questo possa essere messo alla prova dalla vita dal quotidiano e di quanto solitaria possa essere questa navigazione senza alcuno strumento se non qualche stella e tanta sincerità.

Chissà perché quando si entra in libreria nessuno ti domanda
"vuole leggere qualcosa?"
Mi piacerebbe sentirmelo chiedere, ancor di più vorrei che questo interrogativo venisse accompagnato da un libro già aperto su una pagina specifica e che questo qualcuno mi incoraggiasse 
"avanti, non sia timido, inizi" 
Ecco mi piacerebbe che questo libro fosse aperto su questo racconto e che una volta iniziato a leggerlo mi potessi perdere in questo silenzio qua.

Solo con Jude io mi sono potuto permettere la ricchezza del silenzio perfetto: perchè sapevo che non stavamo perdendo nulla. E questa cosa qui se non l'hai mai sentita, non la puoi capire.


Recensione Sensoriale


Vista: Aula Magna


Tatto: Tracolla

Gusto: Riso Basmati

Olfatto: Corda Bagnata


Voglie impulsive


Un sonno che riposa a tratti

Luci in lontananza

La stanza e la sua presenza



Peso in Valigia: 335 Grammi

Investimento: 33€ ( 9 + 10 + 14 )

Editori: Adelphi / Einaudi

0 commenti:

L'INVENTORE DEI SOGNI (Ian Mcewan) UNA STORIA SEMPLICE (Leonardo Sciascia)

www.lostinatolettore.blogspot.it
















Recensire due libri è quanto di più ostico si possa fare, soprattutto quando in entrambi non è la storia in sè ad essere il valore aggiunto, il contenuto decisivo, la variabile a farne o meno, di un semplice ventaglio di pagine, un capolavoro. La variabile decisiva è come sempre la scrittura.

Sono in ritardo sulla tabella di marcia del #Progetto52 e questo al netto di quello che comunque la vita continua a propormi, scelte, emozioni, passioni, rimpianti.
Talvolta è come trovarsi davanti alla lavagna fronteggiando i lineamenti tirati e stanchi di una professoressa di matematica oramai troppo avvezza agli anni di insegnamento per non aver capito al primo sguardo, da condannato a morte, dell'alunno che si avvicina a quel blocco nero di ardesia se questi ha studiato oppure no.
La sensazione che a memoria ricordo come ottundente non era tanto l'ignoranza del non conoscere minimamente la materia in questione o la soluzione del problema, erano come sempre gli sguardi, codardi e sollevati del pubblico non pagante. Dei propri compagni che per nulla complici ma bensì spettatori vivevano quasi con gratitudine quei momenti di imbarazzo e vergogna che invece provavo io li sul patibolo.
Già, vergogna, inadeguatezza e a ben poco serviva tornarsene al proprio posto col sorriso beffardo di quello che nonostante la valutazione fosse prossima più allo zero algebrico che all'eccellenza scolastica sembrava aver in tasca il segreto per un domani da uomo realizzato e felice, e fanculo l'algebra che tanto mica mi darà da mangiare.
Eh già, peccato che poi nella vita saper far di conto a volte aiuta, e aver ignorato la logica che deve star dietro al ragionamento per arrivare ad una soluzione può solo portare a non risolvere un granchè; finendo per fare nuovamente, e da adulto, quella faccia abbozzata di chi va a posto impreparato, avendo meno tempo davanti e sè e un numero sempre maggiore di rimpianti a cui trovare una giustificazione.

Sto finendo fuori tema...
altro segno rosso di matita, un segno, che oggi sta diventando ricorrente, cosi come il colore.

Ho letto due storie brevi, la prima è stata L'inventore dei Sogni di Ian Mcewan, la seconda Una storia semplice di Leonardo Sciascia.

Sono due libri che non hanno nulla in comune, il primo è un insieme leggero e delicato di racconti per ragazzi, dove Peter bambino spensierato e fantasioso inizia a tessere legami profondi con la sua immaginazione e attraverso questa a renderci partecipi della sua visione della famiglia, degli affetti e del valore delle parole come dei legami. Quindi nonostante potenti Pomate Svanilline o pindariche fughe dentro le anime altrui o fronteggiando vicini dall'aspetto avvizzito e decadente o prepotenti compagni di scuola, ebbene questi racconti che ci vengono dettagliati in terza persona regalano a tutte le avventure un tocco di leggerezza e armoniosa empatia. Li si può scandagliare, leggere e rileggere solo per il gusto della storia o per cercarne quelle miriadi di significati che solo i bambini riescono a dare al mondo che li circonda, ribaltandone le regole o meglio costruendovi le proprie e i propri valori.
È un libro per tutti, ma soprattutto è il Libro di Peter e della sua portentosa immaginazione.

Una storia semplice di Sciascia è un giallo siciliano, scritto in un italiano ricco e complesso eppure così perfetto da rimanerne affascinati. Una forma cristallina per raccontare una storia assolutamente probabile di una realtà in cui la giustizia non riesce mai a fare appieno il suo percorso lasciando al lettore quella sensazione di mal costume e omertà che sembra essere la pelle ruvida e scabrosa del nostro stivale.
Un brigadiere, la sua intuizione, la risoluzione di un omicidio e Lo Stato che fa / si indigna si impegna / poi getta la spugna con gran dignità ( F. DeAndrè ).
Parole come Mafia, Droga, Viltà, non vengono mai menzionate, ma è chiaro il contesto, è appunto semplice come la storia, così vera e attuale da non farci uscire dalla quotidianità corrotta di alcune persone, dal coraggio di pochi che non vedono mai riconosciuto il loro merito, sacrificio o la loro virtù comunque sminuita dalle azioni e scelte altrui in logiche di potere vigliacche e conservative.
In una data come questa, in cui il ricordo va alla strage di Via D'Amelio e all'omicidio efferato del Giudice Borsellino e di cinque agenti della sua scorta, non si può far altro che guardare a questi uomini e donne con un senso di profonda e "meschina" gratitudine poiché come nell'ultima parte del libro quando tocca a noi, comuni cittadini, compiere una scelta che possa cambiare il corso delle cose, troppo spesso lasciamo che la macchina vada avanti per la sua strada e nonostante i nostri pensieri vogliano fare inversione di marcia, pensiamo

" E che vado di nuovo a cacciarmi in un guaio, e più grosso ancora? "

Sciascia la butta sull'ironia, sull'essenza caustica del momento, e forse proprio perchè non ci sentiamo toccati nel vivo preferiamo andare avanti anche quando è la stessa storia ad averci già presentato il conto mostrandoci drammaticamente la sua ultima pagina.


Recensione Sensoriale


Vista: Banchi di scuola / Macerie


Tatto: La schiena di un gatto / Un interruttore

Gusto: Gelato / Milza

Olfatto: Gelsomino / Sterpaglie bruciate


Voglie Impulsive


Innocenza e Verità

Peso in Valigia: 177 Grammi Totali


Investimento: 9.00€ L'inventore dei sogni + 8.00€ Una storia semplice


Editori: Einaudi / Adelphi

0 commenti:

LA CENA di Herman Koch

www.lostinatolettore.blogspot.it





Che cos'è l'intimità

se non l'essere complici di un'intenzione.


Questo Romanzo mi ha travolto, messo letteralmente sottosopra, fatto riflettere a lungo e dato ai miei occhi e alla mie sinapsi il piacere di una lettura scorrevole, cristallina, e per una forma indubbiamente voluta dall'autore, dal potere calmante.

Già l'autore, Herman Koch, giornalista e autore televisivo, un uomo che di immagini e parole ci vive, è impossibile non lasciarsi catturare dal contesto narrativo, dalle ambientazioni semplici ma così vivide e proprio perché comuni vissute da noi tutti nel quotidiano e per questo maggiormente prossime alla nostra totale immedesimazione.

La cena non è un romanzo facile, non tratta mai in modo provocatorio o assoluto i temi che ne contraddistinguono l'importanza, ha il grande pregio di lasciare a noi il potere di decidere.
La storia è raccontata in prima persona, ci viene "mostrato" quello che è successo, punto. Sta a noi nel mentre e ancora dopo averne letto l'ultima riga interrogarci su quale sia la soluzione, su come avremmo affrontato la situazione.

È un romanzo che parla di famiglia, anzi di due a dire il vero, una coppia di fratelli che una sera con le rispettive mogli si ritrovano a cena in un lussuoso ristorante ad Amsterdam per parlare di un evento drammatico che potenzialmente potrebbe cambiare tutto.

La cena, è un modo diverso per suddividere la storia che appunto ci presenta Paul, Professore attualmente in aspettativa per motivi di salute che si accompagna a sua moglie Claire, una donna bella e decisa, complice attiva nella vita e nelle scelte che coinvolgono la loro famiglia.

Gli altri commensali sono Serge, fratello di Paul, politico di rilievo sempre sulle prime pagine dei giornali, candidato alla corsa per diventare Primo Ministro e sua moglie Babette, una di quelle rare donne la cui femminilità rapisce gli sguardi degli altri escludendoli dalla realtà materiale delle cose, lasciando che la propria immaginazione trascenda fino a quando oramai la sua immagine non è troppo lontana, inarrivabile, come forse lo sarebbe comunque per chiunque.

I capitoli vanno dall'Aperitivo fino alla Mancia, la questione così urgente richiede alle due famiglie di doversi confrontare sugli aspetti più profondi e etici delle loro vite e direttamente anche quelle dei loro figli, Michel ( figlio di Paul e Claire ), Rick (figlio di Serge e Babette ) e Beau ( figlio adottivo di Serge e Babette ), tanto da poterne condizionare non solo l'adolescenza ma l'intero percorso di crescita futura.

È sempre Paul a parlare e raccontarci come si è sviluppata la serata, avendo cura di non lesinare nulla, su alcun dettaglio, tornando di tanto in tanto anche ai giorni precedenti o a momenti di vita passata insieme ai propri figli o con le rispettive famiglie. Vuole darci il quadro completo, l'insieme assoluto per non far si che manchi alcun elemento alla storia.

Il ritmo è crescente e gli ultimi capitoli assumono la classica cadenza Thriller dove ogni riga è un gradino da salire per arrivare all'apice della tensione.

A ben leggere questo Romanzo, caso letterario internazionale, non si sbaglia se in fondo si pensa che tutto sia riconducibile alla felicità; a cosa sia realmente e a cosa saremmo disposti a fare, non per raggiungerla, bensì per proteggerla.

La felicità basta a se stessa, non ha bisogno di testimoni

proprio perché il suo opposto cioè

L'infelicità è costantemente alla ricerca di compagnia di attenzioni, di circondarsi di clichè sui quali potersi erigere a paladini dell'etica e della morale guardando tutti dall'alto verso il basso.

Le scelte più difficili, più profonde sono quelle che riguardano sempre un nucleo famigliare e la sua protezione, si chiamano istinti, e quelli di un padre ed una madre possono essere estremi.


Recensione Sensoriale


Vista: Un piatto vuoto


Tatto: Il bordo di un bicchiere

Gusto: Una bistecca oramai fredda

Olfatto: Acqua stagnante


Voglie Impulsive


Non dover guardare il conto e pagare

Uno sguardo complice

Sfogare la rabbia


Peso in Valigia: 205 Grammi


Investimento: 9.00€


Editore: Beat


0 commenti:

BERSAGLIO NOTTURNO di Ricardo Piglia

martedì, giugno 30, 2015 , , , , 0 Comments









Come poteva andare a finire?

Poteva finire, ecco come poteva.



Ci sono, sono vivo e scrivente, il che potrebbe per molti me in primis non essere una consolazione ma un abuso, di tempo e di spazio.

Ho iniziato a leggere il ventiduesimo libro esattamente 19 giorni fa, avrei dovuto pubblicare la sua recensione sette giorni dopo, dai facciamo otto perché mi volevo riposare…

Ho finito di leggere questo romanzo ieri sera. Appena chiuso l’ultimo capitolo, e voltato il libro sul dorso ho proprio pensato che non avevo mai faticato così tanto a leggere.

Intendiamoci, la fatica, quella vera, quella che imperla la fronte e fa bruciare muscoli e polmoni è ben altra cosa, leggere invece un libro che non ti piace non ti cattura non ti ammicca mai, neanche per un istante, è spossante.
Lo guardi li sul comodino inerme nel suo involucro di cellulosa e inchiostro e pensi che non gli faresti un torto così grave ignorandolo per l’eternità. Non ho letto un romanzo di formazione o una rilettura in chiave futurista di un classico della letteratura paleocristiana (ammesso che esista un’opera di tale bruttezza).

No, era semplicemente un romanzo “giallo” ambientato nella pampa argentina, con un contesto socio politico delicato come solo gli anni 70 per il mondo in generale lo sono stati.

Un commissario burbero e malconcio con delle visioni che lo portavano vicino alla soluzione del caso ma lontano dalla realtà delle cose, delle intuizioni filosofiche, ecco questo era il Commissario Croce, uomo rispettato dal paese ma inviso al potere costituito.

Un brillante quanto affascinante mulatto americano, che agli occhi dei cittadini del paese non era nient’altro che un negro. Tony Duran, simpatico, spigliato, che suscitava invidia per le sue conoscenze altolocate e per le due gemelle Belladonna alle quali spesso si accompagnava agli eventi mondani suscitando maldicenze e qualche rancore, non del tutto infondate.

Un vecchio e granitico proprietario terriero, il Vecchio Belladonna, che era legato alla terra, al suo paese, perché lo reputava come una proprietà privata avendolo praticamente fondato quando emigrò dall’ Italia e più precisamente da Torino dopo aver combattuto per l’esercito nella prima guerra mondiale ed aver ottenuto importanti onorificenze.

Le Gemelle Belladonna, Ada e Sofia, così simili, così spigliate così sognatrici di una vita di lusso e eccessi che non si sono mai preoccupate delle conseguenze e delle voci sul loro conto, perché quando si è ricchi e si vuol vivere da ricchi non si deve risultare simpatici, ma semplicemente un gradino sopra agli altri, comunque.

Il figlio del Vecchio Belladonna, Luca, triste e solitario rinchiuso nella sua fabbrica, nella sua officina meccanica che anni addietro dava lavoro ai Gaucho di paese ma che pur di salvarla dagli interessi di gruppi di investimento internazionali si era voluto accollare il peso di mantenerla in piedi circondato da pochi fedeli e indebitando se stesso e i suoi sogni fino a farli diventare una ossessione.

È un thriller, c’è un omicidio e il tentativo di risolverlo, ma tutto prende una piega decisamente obliqua, in cui sono le storie di questi personaggi ad intrecciarsi in un modo talvolta complicato e che una scrittura ricca, oltre l’eccesso, e discontinua portano ad un affaticamento e ad una scarsa empatia col libro in sé.

Certo c’è qualche cosa che si “salva” ad esempio il sig Renzi, giornalista, inviato per il giornale di Buenos Aires arrivato nella triste e immensa pampa Argentina a raccontare attraverso le sue parole i fatti sull’efferato omicidio avvenuto nella tranquillità rurale di campagna.
Renzi segue i deliri del commissario Croce, si appassiona alla storia alle vicende centrifughe del paese e rimane anche egli incastrato in questi giochi di potere dove i segreti e le rivalità di una famiglia influiscono per sempre sulla vita delle persone che anche solo ne lambiscono i confini.

Qualcuno ha definito Ricardo Piglia il Faulkner del Sud America. Permettetmi, se Faulkner ha scritto luce d’Agosto ecco Piglia ha scritto allora Il Buio di Novembre.

Un romanzo in definitiva, fumoso e pretestuoso, avvincente a tratti, ma che mai ha avuto la forza di tenermi concentrato.
Certo lo stato d’animo con cui si affronta una lettura influisce sempre sul piacere della lettura stessa, ammetto per dovere di cronaca che se dovessi definire il mio sentire nel mentre leggevo Bersaglio Notturno di Ricardo Piglia la parola più ricorrente sarebbe Deluso.
Detto questo, il libro ha un grande pregio, una copertina che invoglia e incuriosisce.
Ma volendo essere superficiale, e voglio, potrei chiudere questa recensione con un semplice e scontato modo di dire:


L’abito non fa il monaco.


Recensione Sensoriale


Vista: Un montacarichi


Tatto: Scheggia di legno

Gusto: Bile

Olfatto: Pelle sudata


Voglie Impulsive


Cambiare libro

Cambiare lavoro

Cambiare vita

Peso in Valigia: 285 Grammi

Investimento: 16€

Editore: Feltrinelli

0 commenti:

LA REGOLA DELL' EQUILIBRIO di Gianrico Carofiglio

www.lostinatolettore.blogspot.it

"Hai mai fatto a cazzotti?"

"Dipende, con una persona o con i pensieri"


Ci sono due modi per fare a pugni: la prima prevede l'uso dei guantoni e quello che procurano sono tuttalpiù dei lividi, la seconda invece è con le parole e quello che lasciano sono ferite che non si rimarginano.

Dovevo leggere un altro libro, in realtà l'avevo già iniziato: Bersaglio Notturno di Ricardo Piglia un romanzo giallo ambientato a Buenos Aires, solo che come spesso accade non smetto mai di sfogliare i libri che mi capitano sotto mano. 
Così domenica all'ora di pranzo mentre mio padre si apprestava ad imbandire la tavola ed io cazzeggiavo stancamente tra i libri di casa dei miei genitori, la mia attenzione si posa su un titolo che sembra contenere, neanche a farlo apposta, la formula pratica a risolvere questo particolare momento della mia esistenza: La Regola dell' Equilibrio.

Giusto il tempo di sentire la fatidica frase "È pronto!" che chiudo il libro e segno la pagina a cui ero arrivato: Pagina 50.

Come pagina 50? Controllo che il libro non avesse una prefazione che ho saltato o qualsiasi altra cosa che potesse spiegare come in mezz'ora, il tempo trascorso tra la presa del libro e il richiamo ai doveri mandibolari, abbia potuto leggere così tante pagine.
In definitiva è facile dedurre che il libro mi ha preso, già nella giornata di Domenica l'avevo praticamente finito, mi sono giusto lasciato l'ultimo capitolo da leggere come compagnia per accomodare il sonno in una stanza di albergo di una città non mia.

Gianrico Carofiglio ha tessuto una storia che si adagia su quello che sembra un tappeto musicale, che suona come un Legal Thriller, ma spesso come per trovare un equilibrio che non sarebbe possibile altrimenti, viene accompagnato da note Noir e da piccoli accenni al romanzo di formazione. Il risultato è di una musicalità quasi perfetta, i dialoghi sono pennellate di puro realismo, non c'è bisogno di descrizioni e contesti elaborati ne tanto meno di più piani narrativi. 
È un romanzo Giallo, lineare ma sbalorditivo tanto più quando pur usando dove richiesto un linguaggio tecnico giuridico riesca a comunicare semplicemente tutti gli aspetti del sentire umano, anche quelli più delicati come la vita, la morte, la moralità, l'amore e il dubbio.

La regola dell'equilibrio, mi viene quasi il sospetto che Carofiglio abbia voluto cimentarsi in un esercizio di stile, riuscendovi, facendo si che anche il lettore non possa che essere affascinato da questa ponderatezza senza che questa risulti mai banale.

Guido Guerrieri l'avvocato Barese protagonista di questa vicenda (quinta avventura della sua saga) è un uomo di mezza età, molto indipendente come modo di pensare e non vincolato e spento come un azzeccagarbugli di manzoniana memoria. Il suo lavoro lo appassiona, la legge viene intesa non solo come materia di applicazione ma come momento di studio e riflessione, per aiutarsi in queste "sessioni" di pensiero preferisce indossare un paio di guantoni da boxe e sfidare Mr Sacco in una conversazione di sola andata fatta di montanti, periodi, e schivate.

Continuo a fare pugilato perchè la liturgia sempre uguale dell'allenamento mi colloca in un segmento mitico del mio tempo.

L'attività dello studio legale è serrata e l'efficienza dei suoi collaboratori è preziosa quanto la stima reciproca che si dimostrano gli uni con gli altri. L'avv. Guerrieri è bravo e lo sa, una punta di vanità lo spinge a compiacersi della sua etica, del suo equilibrio, ed è anche per questo che non può rifiutarsi di aiutare un suo ex compagno di Università che ha avuto una brillante carriera diventando Giudice a soli 24 anni e ora vede la sua reputazione a rischio per una storia dai contorni sbiaditi di una presunta corruzione.

Questa volta non basteranno le lunghe sedute con Mr Sacco o le passeggiate notturne per una Bari sonnolenta e radiosa nonostante una Estate che non vuole ancora manifestarsi e sembra essersi presa una pausa, per aiutare Guido a trovare la serenità necessaria e il giusto bilanciamento del corpo per non finire al tappeto, schiacciato da troppe paure e troppi riflessi ingannevoli.

A stringere i lacci del romanzo, per farlo calzare a perfezione sul lettore, serviva una figura femminile come Annapaola.
Una ex giornalista, dal passato burrascoso, dalle risorse infinite che gira in sella ad una moto nera e cattiva svanendo senza preavviso per intere giornate.
Per poi ripresentarsi al citofono come se nulla fosse per aiutare l'Avvocato a ritrovare la sua autostima con una cena etnica ed una bella rissa paesana, dove sfoggia rudimenti di softball liceali prendendo letteralmente a mazzate alcuni malcapitati. 


Alcuni libri sono così immediati che quasi dispiace congedarsi dai protagonisti, ma questa recensione non vuole essere un commiato, piuttosto l'ennesima riprova che

La vera unità di misura del tempo sono gli accadimenti inattesi.

È la vita, è tutta qui.


Recensione Sensoriale


Vista: Una Palestra vuota e luminosa


Tatto: Cuciture di pelle

Gusto: Curcuma

Olfatto: Pop-Corn


Voglie Impulsive


Rivedere Il Socio

Saltare la corda

Sentire suonare al citofono


Peso in valigia: N.D (sono in viaggio e non ho un bilancia appresso...amarezza.)

Investimento: Ehm rubato (a mio padre...comunque sarebbero 19€)

Editore: Einaudi


0 commenti:

GALVESTON di Nic Pizzolatto

giovedì, giugno 04, 2015 , , , , 0 Comments


www.lostinatolettore.blogspot.it

And it looks like the sun

but it feels like rain.


In questo clima ogni cosa cerca l'ombra, e quindi una qualità fondamentale del Profondo Sud è che qui tutto è parzialmente nascosto.

Ed è esattamente così che questo romanzo riesce a mettersi in risalto, restando in ombra. Facendosi scoprire parzialmente, sviluppando i suoi personaggi, l'intreccio, i luoghi relegandoli in una porzione corrosiva di oscurità,
Ognuno ha le sue zone buie, antri di sè che rifuggono e rifiutano quella luce che gli altri vedono in noi.
Nic Pizzolatto è sicuramente uno scrittore con il dono della visione, le sue parole riescono a far scorrere immagini ad alta definizione, non per niente in seguito ha scritto la sceneggiatura per la HBO di True Detective, nitide fino allo sfibrarne i colori, le sensazioni, ammantando il tutto di una cappa afosa e salata.

Galveston è un luogo, un posto, a dirla tutta un rifugio per chi non ha altro che dei ricordi di una vita passata sbagliando anche in amore, ma per quanto possano essere errati, questi ricordi sono gli unici ad avere un senso e a rendere la vita ancora una "prospettiva" e non un passaggio "definitivo".
Roy Cady è un uomo del Texas Orientale, porta jeans, magliette nere, giubbotto e stivali da cowboy, l'aspetto è volutamente poco curato, capelli lunghi e barba uguale.
Non ha importanza cosa gli altri pensino di Roy, che lo vedano come un bifolco o uno poco raccomandabile, alla fin fine per il lavoro che deve fare gli fa anche comodo.
Lavorare per un boss che si occupa di vari intrallazzi, nessuno dei quali prettamente legale, porta alla necessità di dover cambiare aspetto e soprattutto luogo in poco tempo e con pochi accorgimenti, fosse anche solo il tagliarsi la barba.

Per arrivare fino a Galveston, non ci vogliono molte ore di viaggio, serve più che altro un pretesto che viene fornito da una giovane e seducente ragazza, Rocky, vittima e testimone di violenza, sbandata e incontrollabile, sgrammaticata ma fatale.
Roy è come il migliore degli assassini, è già morto; probabilmente cancro, una sottile nebbiolina che appunto mette in ombra la vita nei suoi polmoni, deve agire di istinto, per prima cosa salvarsi ma forse come una forma di espiazione dei propri peccati, provare a salvare lei e un'altra vita ancora, quella meno colpevole di tutti in questo romanzo, la piccola Tiffany sorella di Rocky.

Fuggono ma finiscono per doversi fermare, perchè l'idea di cambiare vita, di provarci almeno una volta è più forte, è più ammaliante, ma è dannatamente complicato; per chi non è abituato a fidarsi degli altri, l'unico numero che conta è dispari ed inferiore a tre.

La trama si sviluppa semplice, lineare, quasi come una palude, apparentemente placida ma sotto la cui superficie nasconde predatori letali. È la malinconia di fondo a dettare il ritmo dei dialoghi, dei pensieri che Roy in prima persona ci affida tra le pagine: è un vecchio Blues, che sai esattamente come suonerà ma non riesci a smettere di ascoltarlo.

Non crediate, se avete avuto modo di vederli, di trovarvi di fronte agli episodi di True Detective, qui la potenza dell'immagine è la parola, è il modo in cui vi farà sentire il riverbero insopportabile del sale sotto un sole incessante, di come dietro le porte di un Motel fatiscente si nascondano molte più storie rispetto agli ospiti che vi cercano "protezione".

Immagino che si debba stare molto attenti a come si usano i propri ricordi.

Ecco, quello che è questo noir è tutto qui, in queste parole.
Forse alla fine la luce avrà la meglio, oppure sarà solo un riflesso, e Roy Cady rimarrà nell'ombra solamente aspettando chi più di tutti in questa storia avrà bisogno di "prospettiva".

Ci sono un sacco di cose che non diventano mai quel che dovrebbero.


Recensione Sensoriale


Vista: L'Aurelia al Tramonto

Udito: Do You Feel Loved degli U2

Tatto: Granelli di Sale Grosso

Gusto: Zucchero filato

Olfatto: Lucida-Labbra


Voglie Impulsive


Un Rodeo

Aria umida e stantia

Una notte in un Motel a Big Sur


Peso in Valigia: 225 Grammi


Investimento: 10€


Editore: Mondadori

0 commenti:

DIARIO DI ZONA di Luigi Chiarella (Yamunin)

www.lostinatolettore.blogspot.it

"Non Aprire, magari hanno sbagliato"

"Magari, invece, a sbagliare siamo noi..."



Diario di Zona è una lettura che mi è stata consigliata da Einaudi, un simpatico hashtag come #consigliounlibro si è rivelato fonte di ispirazione per le mie letture e dunque materiale sfogliante per #Progetto52.

Questo libro è un vero è proprio caso di serendipità, neologismo che indica la fortuna di fare scoperte che rendono felici; è ambientato a Torino, o meglio ancora le parole risiedono e vivono a Torino, il suo protagonista è un precario, genuino, combattente, un romantico contemporaneo, che vede il mondo che lo circonda per quello che è: stratificato.

È un diario, scritto e vissuto in prima persona, ogni pagina è il racconto di una Zona di Torino. Luigi è un letturista, armato di bicicletta, una divisa ad alta visibilità, palanchino cacciavite e terminale per le letture. Si avventura nelle cantine, nei tombini, nei momenti di quotidianità della città cercando di "leggere" più contatori dell'acqua possibili per poi, terminata ogni zona assegnatagli inviare i dati del consumo dell'acqua alla propria azienda.
È un lavoro, non meno nobile di altri, ma come dice il protagonista, la verità è che Il lavoro mancherà sempre di renderci liberi.

Ed è proprio per trovare un minimo di libertà, di interesse in un lavoro altrimenti monotono e faticoso che Luigi dipinge attraverso le parole l'immagine di quello che è Torino oggi.
Una città che solo vista dai margini, dalle periferie, attraverso chi la abita si rivela per quello che è; Torino è fatta a strati, è sotto se stessa. Basta scavare.

Gli incontri di Luigi sono tutt'altro che monotoni, il tessuto sociale che li abita è variopinto. Citofonare in un palazzo di una via sconosciuta e chiedere di aprire il portone per fare il proprio lavoro si può rivelare una impresa.
Ci ritroviamo tutti nei modi di fare e di dire di chi risponde al citofono, nei luoghi comuni, nei "è pieno di quelli li, che rubano, zingari marocchini" nei "no qui non c'è nessuno, io non le apro", "vatteneaffanculo cazzovuoi" , "sei furbo, fammi vedere il tesserino".
Non ci sono solo anziani, immigrati, indigeni, ci sono le realtà di vite vissute piano sullo sfondo di solitudini, di fallimenti, di un razzismo di seconda generazione e arroganza.

Certo strappano risate i dialoghi seppur simili tra loro, ogni volta così presenti nel lessico quotidiano di chi vivendo a Torino incontra per le strade; la fatica di Luigi è doppia, gli spostamenti per un anno in bici, le pedalate, il pericolo del traffico, la città che si evolve, il Tav, i nuovi fascisti del lavoro come della politica, il voler alzare i pugni al cielo e pigliarlo a cazzotti, cambiare tutto quando è proprio il tutto ad essere così soffocante così sottile come polvere che quotidianamente ci cade addosso e ci appesantisce, e per sentirsi leggeri non basta una scrollata, una potente pedalata.

È un romanzo ibrido, un non genere, un Oggetto Narrativo Non identificato (come spiega Wuming1 nella quarta di copertina) e per questo è unico, inconfondibile con uno stile secco, diretto, a tratti punk per la sua capacità di contaminazione dove musica, concetti e poesia si fondono in un unico continuo narrativo facendoci tenere il tempo quasi seguissimo una partitura.
La cosa che più mi ha colpito è che il Libro è attivo, forse perché racconta della mia città, perché simpatizzo per molte delle "lotte" che l'autore porta avanti, perché si rende omaggio alla storia e alla Resistenza, perché c'è il Grande Torino, il Filadelfia, Superga e non come credo calcistico ma come immagine ruvida e potente di grandezza e degrado.

Già la Resistenza, quella dei Partigiani, ragazzi e ragazze, uomini e donne, lavoratori e studenti che ora ci osservano passare frenetici da una strada all'altra, da un lavoro ad un altro, da una presunta libertà ad un altra, fissandoci immobili dall'alto di qualche targa cementata, sopra qualche monumento, incastonata in qualche ricordo.
La città è fatta di strade di numeri e di incroci, ma la strada, quella vera, la toponomastica della nostra esistenza è fatta dalle persone che han sacrificato se stessi per una idea, per un domani.
La vera punteggiatura di questo romanzo sono loro, sono il ricordo, e il non smettere mai di resistere quando l'ingiustizia diventa legge.

Luigi metaforicamente sta suonando al palazzo in cui tutti noi viviamo, e se volete un consiglio apritegli perché è un incontro che va vissuto.


Recensione Sensoriale


Vista: Lo schermo di un cellulare


Olfatto: Muffa

Gusto: Della fatica, del sudore

Tatto: Una maniglia ghiacciata


Voglie Impulsive


Guardare avanti

Scendere in Cantina

Voltare Pagina


Peso in Valigia: 380 Grammi

Investimento: 16€

Editore: Alegre

1 commenti:

LA COMMEDIA UMANA di William Saroyan

www.lostinatolettore.blogspot.it


È successo veramente

Me lo stai dicendo o me lo stai chiedendo...



"Hai mai letto Carver?"

"No mai."

"E Saroyan eh? Hai mai letto Saroyan?"

"Mmm, no, non mi dice niente Saroyan."

"Ok! Ok, non importa, allora di Carver devi leggere Cattedrale,
mentre di Saroyan sicuramente La Commedia Umana."

"Bè insomma non li conosco, cioè di cosa parlano?"

"...Della vita, ecco, ti piace la vita?
Ti piace l'essere umano?
Scrivono di questo; niente di più, loro parlano di noi."


Sono dialoghi così che ti cambiano le giornate, quando hai la sensazione che l'emozione, l'impazienza, la necessità di comunicare qualche cosa abbiano il sopravvento su tutto e tutti, ed è come se un treno in corsa non possa che travolgerti.

Ovviamente il consiglio lo raccogli come si raccolgono le mani per abbeverarsi ad una fontana, ti infili nella libreria in cui inciampi per foga e ancora fuori equilibrio ti allunghi verso la Libraia, dai capelli corvino e sguardo alla nocciola.

"Carver Cattedrale!"
( magari un ciaobuongiorno non avrebbe guastato )

- gli occhi da nocciola le diventano giallo tempesta -

"Buon giorno, stai cercando un libro o una persona?"

"oh bè se non c'è prendo Saroyan La commedia Umana"
( sei un genio, no dico sul serio, praticamente per rimediare tra una brutta impressione e una pessima figura hai scelto la strada che porta direttamente al materiale organico di bovino adulto )

- non le è cambiato lo sguardo, sono cambiate le condizioni climatiche del negozio, inizia a fare freddo -

"Dunque...se stai cercando due autori e le loro opere sei nel posto giusto"

- le parole sono tese, ma il sorriso quello no, quello è indifferente, come plastica -

"Mmm, ecco io..."
( Taci...ti prego TACI! )

"Sfortunatamente per te non sono io la persona giusta per aiutarti"

- un ciuffo di capelli le si sposta in avanti, tagliandole il viso, come una linea di matita che segni una pagina più per lasciare una traccia che per esprimere un significato, riuscendoci. -

"No si, cioè, scusa, ciao ecco, buongiorno, mi chiedevo se avevate..."
( ci sai fare, non c'è dubbio )

"Cattedrale di Carver o La commedia Umana di Saroyan ho indovinato?"

- ha il dono della sospensione, come se le parole si sollevassero da terra e rimanessero li a mezz'aria, aspettando di essere afferrate. -

"Scusami, davvero, è che sono di corsa, non ho fatto caso alle parole, perdono!"
( la maleducazione non è una mancanza di fiato, è una mancanza di tatto...)

- si è già mossa, verso uno scaffale, poi un altro, due libri in mano, uno sguardo non più velato da nubi, ed un sorriso, questa volta umano. -

"Capisco, e mi dispiace per te"

"....?"
( si esatto quella faccia li, falla, ti riesce benissimo, è la stessa da 36 anni. Una smorfia senza suono con la giusta punteggiatura, da Oscar )

"Intendo che mi dispiace perché sei di corsa, i libri sono qui, ma non sai nulla di loro, ed è un peccato.
Sono 19,60€ vuoi una borsa?"

- Solleva un libro giallo, quasi a volermi ammonire per la fretta, la maleducazione, per tutto insomma.
Lo solleva davanti ai suoi occhi ad un braccio di distanza; è un libro non tanto più grande di uno degli smartphone di nuova generazione, poi lo appoggia sul bancone vi posa una mano sopra quasi a dover tenere giuramento e per la prima volta il suo sguardo mi colpisce non per il suo colore ma per la sua profondità. Sono quegli occhi che iniziano a parlarmi e non smetteranno più, finché morte non ci separi. -

" Vedi, William Saroyan era un ragazzo Armeno, nato in America in California, rimase presto orfano di padre e coi fratelli finì in orfanotrofio.
Rifiutò l'istruzione, quella scolastica, e si mantenne facendo lavori umili, dal fattorino allo strillone, la sua educazione fu la strada, la sua passione i libri che divorava nelle biblioteche durante il suo tempo libero.
Diventò un grande scrittore del '900 Americano e del neo-realismo, non per vocazione ma per auto-imposizione, poiché era convinto che lo sarebbe diventato. Ovviamente una vita tormentata non gli bastava quindi al successo si aggiunsero la passione per il gioco d'azzardo e l'alcoolismo, così lo stereotipo del grande scrittore fu completo.

La Commedia Umana è una moderna e succinta Odissea che non si sposta per mare ma su cavi adagiati sui fondali, che non è racchiusa in volumi e inchiostro ma in linee e punti che corrono veloci da un capo del mondo all'altro.

Ed è a questo capo del mondo esattamente ad Ithaca in California che il giovane Homer Macauley quattordicenne ma dall'aspetto più maturo, aspetta che il signor Grogan ricevuto e trascritto il messaggio all'ufficio telegrafico gli consegni la busta con l'indirizzo a cui portarlo; Homer inforca la bici e inizia a spingere sui pedali cercando di raggiungere nel minor tempo possibile la destinazione assegnatagli per consegnare quelle parole che arrivano da così lontano. Homer fa il turno serale, la città è un luogo sospeso nel tempo, sono gli anni della seconda guerra mondiale, la vita come la morte sono presenti ovunque, sia nelle buste che il giovane Homer deve consegnare sia nelle case dove famiglie intere aspettano, cercando di ingannare il tempo, notizie dei loro cari, dei loro figli, dei loro amati.
La Famiglia Macauley è una di queste, Marcus è partito per la guerra e a casa oltre alla madre e alla ragazza lascia i due fratelli, Homer appunto e Ulysses, un vispo tipetto di quattro anni, curioso e sfrontato, per niente intimorito dalle cose e dalle persone. Il padre è morto anni prima ma ha fatto in tempo a lasciarci in eredità una bella famiglia, unita e sincera.

È una Odissea moderna perché in un certo senso è un ritorno a casa, è l'attesa di un ritorno. È la vita che va avanti e che fa scoprire il mondo al piccolo Ulysses quanto i sentimenti contraddittori dell'età adulta a Homer. Quello che traspare dalle parole mai banali di questo romanzo, così ben scritto, morbido e avvolgente, è la sensazione che nonostante le belle giornate, le scoperte, i giochi dei ragazzi e i canti a messa, la vita del negoziante e dell'immigrato, del disperato come del vincente, si aspetti sempre l'inevitabile, la notizia.
Questa notizia in fondo è il quotidiano, sono gli eventi che non si fermano ad aspettare che sia sorto o meno il sole per accadere, in realtà semplicemente e talvolta crudelmente accadono.

Mentre leggerai questo romanzo ti accorgerai di quanto in fondo il tuo punto di vista sia quello di Ulysses, quasi lo scrittore voglia regalarti l'ingenuità e innocenza di tornare ad avere quattro anni, cosicchè sarai convinto di dover stare dovunque ci sia qualche cosa di interessante da vedere.

Ecco, il romanzo è più o meno tutto qui, quello che ti colpirà di più è la coerenza, sia narrativa che morale, William Saroyan è ovunque in questo scritto, e se mi concedi, e penso di meritarmeli ancora due minuti, voglio leggerti una parte che adoro e che in qualche modo ti riguarda:

Un essere umano, chiunque sia, lo considero amico. Il mio conflitto non è con lui, ma con quella parte sfortunata di lui che prima di tutto son costretto a distruggere in me stesso."

- le parole ora non erano solo da afferrare, erano scalini da salire per arrivare alla sua altezza -

"Ecco, penso di averne, di tempo intendo e tu?"
( grammaticamente orribile, ma emotivamente plausibile, t'apprezzo!)

"Dipende, Carver La Cattedrale!
 - e le scappa da ridere imitando l'enfasi della mia voce -
ti interessa sapere cosa racconta?"

( se te la giochi male giuro che ti abbandono, cazzo, lo giuro su queste parentesi )

"No, non mi interessa sapere cosa ma chi me lo sta raccontando..."

- Quel ciuffo tagliente sul viso con un gesto naturale quanto delicato lo sposta dietro l'orecchio.
Il suo sguardo è basso, quasi avesse trovato un tesoro in fondo a quelle copertine adagiate sul bancone.
Le labbra si muovono, forse un sorriso, un piccolo morso, e quegli occhi si alzano, sono nocciola, e non sono più uno sguardo ma un sapore, quello del domani. -


Recensione Sensoriale


Vista: I cavi sospesi dal finestrino di un treno in movimento


Olfatto: Torta di mele

Gusto: Sali Minerali

Tatto: Grasso per catene


Voglie Impulsive


Una Libreria

Capelli Color Corvino

Occhi Sapor Nocciola


Peso in Valigia: 212 Grammi

Investimento: 10€

Editore: Marcos y Marcos

0 commenti: