DIARIO DI ZONA di Luigi Chiarella (Yamunin)

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"Non Aprire, magari hanno sbagliato"

"Magari, invece, a sbagliare siamo noi..."



Diario di Zona è una lettura che mi è stata consigliata da Einaudi, un simpatico hashtag come #consigliounlibro si è rivelato fonte di ispirazione per le mie letture e dunque materiale sfogliante per #Progetto52.

Questo libro è un vero è proprio caso di serendipità, neologismo che indica la fortuna di fare scoperte che rendono felici; è ambientato a Torino, o meglio ancora le parole risiedono e vivono a Torino, il suo protagonista è un precario, genuino, combattente, un romantico contemporaneo, che vede il mondo che lo circonda per quello che è: stratificato.

È un diario, scritto e vissuto in prima persona, ogni pagina è il racconto di una Zona di Torino. Luigi è un letturista, armato di bicicletta, una divisa ad alta visibilità, palanchino cacciavite e terminale per le letture. Si avventura nelle cantine, nei tombini, nei momenti di quotidianità della città cercando di "leggere" più contatori dell'acqua possibili per poi, terminata ogni zona assegnatagli inviare i dati del consumo dell'acqua alla propria azienda.
È un lavoro, non meno nobile di altri, ma come dice il protagonista, la verità è che Il lavoro mancherà sempre di renderci liberi.

Ed è proprio per trovare un minimo di libertà, di interesse in un lavoro altrimenti monotono e faticoso che Luigi dipinge attraverso le parole l'immagine di quello che è Torino oggi.
Una città che solo vista dai margini, dalle periferie, attraverso chi la abita si rivela per quello che è; Torino è fatta a strati, è sotto se stessa. Basta scavare.

Gli incontri di Luigi sono tutt'altro che monotoni, il tessuto sociale che li abita è variopinto. Citofonare in un palazzo di una via sconosciuta e chiedere di aprire il portone per fare il proprio lavoro si può rivelare una impresa.
Ci ritroviamo tutti nei modi di fare e di dire di chi risponde al citofono, nei luoghi comuni, nei "è pieno di quelli li, che rubano, zingari marocchini" nei "no qui non c'è nessuno, io non le apro", "vatteneaffanculo cazzovuoi" , "sei furbo, fammi vedere il tesserino".
Non ci sono solo anziani, immigrati, indigeni, ci sono le realtà di vite vissute piano sullo sfondo di solitudini, di fallimenti, di un razzismo di seconda generazione e arroganza.

Certo strappano risate i dialoghi seppur simili tra loro, ogni volta così presenti nel lessico quotidiano di chi vivendo a Torino incontra per le strade; la fatica di Luigi è doppia, gli spostamenti per un anno in bici, le pedalate, il pericolo del traffico, la città che si evolve, il Tav, i nuovi fascisti del lavoro come della politica, il voler alzare i pugni al cielo e pigliarlo a cazzotti, cambiare tutto quando è proprio il tutto ad essere così soffocante così sottile come polvere che quotidianamente ci cade addosso e ci appesantisce, e per sentirsi leggeri non basta una scrollata, una potente pedalata.

È un romanzo ibrido, un non genere, un Oggetto Narrativo Non identificato (come spiega Wuming1 nella quarta di copertina) e per questo è unico, inconfondibile con uno stile secco, diretto, a tratti punk per la sua capacità di contaminazione dove musica, concetti e poesia si fondono in un unico continuo narrativo facendoci tenere il tempo quasi seguissimo una partitura.
La cosa che più mi ha colpito è che il Libro è attivo, forse perché racconta della mia città, perché simpatizzo per molte delle "lotte" che l'autore porta avanti, perché si rende omaggio alla storia e alla Resistenza, perché c'è il Grande Torino, il Filadelfia, Superga e non come credo calcistico ma come immagine ruvida e potente di grandezza e degrado.

Già la Resistenza, quella dei Partigiani, ragazzi e ragazze, uomini e donne, lavoratori e studenti che ora ci osservano passare frenetici da una strada all'altra, da un lavoro ad un altro, da una presunta libertà ad un altra, fissandoci immobili dall'alto di qualche targa cementata, sopra qualche monumento, incastonata in qualche ricordo.
La città è fatta di strade di numeri e di incroci, ma la strada, quella vera, la toponomastica della nostra esistenza è fatta dalle persone che han sacrificato se stessi per una idea, per un domani.
La vera punteggiatura di questo romanzo sono loro, sono il ricordo, e il non smettere mai di resistere quando l'ingiustizia diventa legge.

Luigi metaforicamente sta suonando al palazzo in cui tutti noi viviamo, e se volete un consiglio apritegli perché è un incontro che va vissuto.


Recensione Sensoriale


Vista: Lo schermo di un cellulare


Olfatto: Muffa

Gusto: Della fatica, del sudore

Tatto: Una maniglia ghiacciata


Voglie Impulsive


Guardare avanti

Scendere in Cantina

Voltare Pagina


Peso in Valigia: 380 Grammi

Investimento: 16€

Editore: Alegre

1 commenti:

LA COMMEDIA UMANA di William Saroyan

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È successo veramente

Me lo stai dicendo o me lo stai chiedendo...



"Hai mai letto Carver?"

"No mai."

"E Saroyan eh? Hai mai letto Saroyan?"

"Mmm, no, non mi dice niente Saroyan."

"Ok! Ok, non importa, allora di Carver devi leggere Cattedrale,
mentre di Saroyan sicuramente La Commedia Umana."

"Bè insomma non li conosco, cioè di cosa parlano?"

"...Della vita, ecco, ti piace la vita?
Ti piace l'essere umano?
Scrivono di questo; niente di più, loro parlano di noi."


Sono dialoghi così che ti cambiano le giornate, quando hai la sensazione che l'emozione, l'impazienza, la necessità di comunicare qualche cosa abbiano il sopravvento su tutto e tutti, ed è come se un treno in corsa non possa che travolgerti.

Ovviamente il consiglio lo raccogli come si raccolgono le mani per abbeverarsi ad una fontana, ti infili nella libreria in cui inciampi per foga e ancora fuori equilibrio ti allunghi verso la Libraia, dai capelli corvino e sguardo alla nocciola.

"Carver Cattedrale!"
( magari un ciaobuongiorno non avrebbe guastato )

- gli occhi da nocciola le diventano giallo tempesta -

"Buon giorno, stai cercando un libro o una persona?"

"oh bè se non c'è prendo Saroyan La commedia Umana"
( sei un genio, no dico sul serio, praticamente per rimediare tra una brutta impressione e una pessima figura hai scelto la strada che porta direttamente al materiale organico di bovino adulto )

- non le è cambiato lo sguardo, sono cambiate le condizioni climatiche del negozio, inizia a fare freddo -

"Dunque...se stai cercando due autori e le loro opere sei nel posto giusto"

- le parole sono tese, ma il sorriso quello no, quello è indifferente, come plastica -

"Mmm, ecco io..."
( Taci...ti prego TACI! )

"Sfortunatamente per te non sono io la persona giusta per aiutarti"

- un ciuffo di capelli le si sposta in avanti, tagliandole il viso, come una linea di matita che segni una pagina più per lasciare una traccia che per esprimere un significato, riuscendoci. -

"No si, cioè, scusa, ciao ecco, buongiorno, mi chiedevo se avevate..."
( ci sai fare, non c'è dubbio )

"Cattedrale di Carver o La commedia Umana di Saroyan ho indovinato?"

- ha il dono della sospensione, come se le parole si sollevassero da terra e rimanessero li a mezz'aria, aspettando di essere afferrate. -

"Scusami, davvero, è che sono di corsa, non ho fatto caso alle parole, perdono!"
( la maleducazione non è una mancanza di fiato, è una mancanza di tatto...)

- si è già mossa, verso uno scaffale, poi un altro, due libri in mano, uno sguardo non più velato da nubi, ed un sorriso, questa volta umano. -

"Capisco, e mi dispiace per te"

"....?"
( si esatto quella faccia li, falla, ti riesce benissimo, è la stessa da 36 anni. Una smorfia senza suono con la giusta punteggiatura, da Oscar )

"Intendo che mi dispiace perché sei di corsa, i libri sono qui, ma non sai nulla di loro, ed è un peccato.
Sono 19,60€ vuoi una borsa?"

- Solleva un libro giallo, quasi a volermi ammonire per la fretta, la maleducazione, per tutto insomma.
Lo solleva davanti ai suoi occhi ad un braccio di distanza; è un libro non tanto più grande di uno degli smartphone di nuova generazione, poi lo appoggia sul bancone vi posa una mano sopra quasi a dover tenere giuramento e per la prima volta il suo sguardo mi colpisce non per il suo colore ma per la sua profondità. Sono quegli occhi che iniziano a parlarmi e non smetteranno più, finché morte non ci separi. -

" Vedi, William Saroyan era un ragazzo Armeno, nato in America in California, rimase presto orfano di padre e coi fratelli finì in orfanotrofio.
Rifiutò l'istruzione, quella scolastica, e si mantenne facendo lavori umili, dal fattorino allo strillone, la sua educazione fu la strada, la sua passione i libri che divorava nelle biblioteche durante il suo tempo libero.
Diventò un grande scrittore del '900 Americano e del neo-realismo, non per vocazione ma per auto-imposizione, poiché era convinto che lo sarebbe diventato. Ovviamente una vita tormentata non gli bastava quindi al successo si aggiunsero la passione per il gioco d'azzardo e l'alcoolismo, così lo stereotipo del grande scrittore fu completo.

La Commedia Umana è una moderna e succinta Odissea che non si sposta per mare ma su cavi adagiati sui fondali, che non è racchiusa in volumi e inchiostro ma in linee e punti che corrono veloci da un capo del mondo all'altro.

Ed è a questo capo del mondo esattamente ad Ithaca in California che il giovane Homer Macauley quattordicenne ma dall'aspetto più maturo, aspetta che il signor Grogan ricevuto e trascritto il messaggio all'ufficio telegrafico gli consegni la busta con l'indirizzo a cui portarlo; Homer inforca la bici e inizia a spingere sui pedali cercando di raggiungere nel minor tempo possibile la destinazione assegnatagli per consegnare quelle parole che arrivano da così lontano. Homer fa il turno serale, la città è un luogo sospeso nel tempo, sono gli anni della seconda guerra mondiale, la vita come la morte sono presenti ovunque, sia nelle buste che il giovane Homer deve consegnare sia nelle case dove famiglie intere aspettano, cercando di ingannare il tempo, notizie dei loro cari, dei loro figli, dei loro amati.
La Famiglia Macauley è una di queste, Marcus è partito per la guerra e a casa oltre alla madre e alla ragazza lascia i due fratelli, Homer appunto e Ulysses, un vispo tipetto di quattro anni, curioso e sfrontato, per niente intimorito dalle cose e dalle persone. Il padre è morto anni prima ma ha fatto in tempo a lasciarci in eredità una bella famiglia, unita e sincera.

È una Odissea moderna perché in un certo senso è un ritorno a casa, è l'attesa di un ritorno. È la vita che va avanti e che fa scoprire il mondo al piccolo Ulysses quanto i sentimenti contraddittori dell'età adulta a Homer. Quello che traspare dalle parole mai banali di questo romanzo, così ben scritto, morbido e avvolgente, è la sensazione che nonostante le belle giornate, le scoperte, i giochi dei ragazzi e i canti a messa, la vita del negoziante e dell'immigrato, del disperato come del vincente, si aspetti sempre l'inevitabile, la notizia.
Questa notizia in fondo è il quotidiano, sono gli eventi che non si fermano ad aspettare che sia sorto o meno il sole per accadere, in realtà semplicemente e talvolta crudelmente accadono.

Mentre leggerai questo romanzo ti accorgerai di quanto in fondo il tuo punto di vista sia quello di Ulysses, quasi lo scrittore voglia regalarti l'ingenuità e innocenza di tornare ad avere quattro anni, cosicchè sarai convinto di dover stare dovunque ci sia qualche cosa di interessante da vedere.

Ecco, il romanzo è più o meno tutto qui, quello che ti colpirà di più è la coerenza, sia narrativa che morale, William Saroyan è ovunque in questo scritto, e se mi concedi, e penso di meritarmeli ancora due minuti, voglio leggerti una parte che adoro e che in qualche modo ti riguarda:

Un essere umano, chiunque sia, lo considero amico. Il mio conflitto non è con lui, ma con quella parte sfortunata di lui che prima di tutto son costretto a distruggere in me stesso."

- le parole ora non erano solo da afferrare, erano scalini da salire per arrivare alla sua altezza -

"Ecco, penso di averne, di tempo intendo e tu?"
( grammaticamente orribile, ma emotivamente plausibile, t'apprezzo!)

"Dipende, Carver La Cattedrale!
 - e le scappa da ridere imitando l'enfasi della mia voce -
ti interessa sapere cosa racconta?"

( se te la giochi male giuro che ti abbandono, cazzo, lo giuro su queste parentesi )

"No, non mi interessa sapere cosa ma chi me lo sta raccontando..."

- Quel ciuffo tagliente sul viso con un gesto naturale quanto delicato lo sposta dietro l'orecchio.
Il suo sguardo è basso, quasi avesse trovato un tesoro in fondo a quelle copertine adagiate sul bancone.
Le labbra si muovono, forse un sorriso, un piccolo morso, e quegli occhi si alzano, sono nocciola, e non sono più uno sguardo ma un sapore, quello del domani. -


Recensione Sensoriale


Vista: I cavi sospesi dal finestrino di un treno in movimento


Olfatto: Torta di mele

Gusto: Sali Minerali

Tatto: Grasso per catene


Voglie Impulsive


Una Libreria

Capelli Color Corvino

Occhi Sapor Nocciola


Peso in Valigia: 212 Grammi

Investimento: 10€

Editore: Marcos y Marcos

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A con ZETA di Hakan Günday

mercoledì, maggio 13, 2015 , , , , 0 Comments

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Nell'alfabeto ci sono tutte le storie del mondo

alcune hanno un nome, se siamo fortunati due.



Oğuz Atay:
Leggere un libro spesso porta a guardare oltre la trama, i personaggi o lo stile narrativo; leggere un libro è porre attenzione ai dettagli di una storia, è entrare nelle parole di chi l'ha scritto e scovare la scintilla primordiale; la costante che ha messo al suo posto ogni singolo punto, paragrafo, personaggio, intreccio.

Ecco chi è Oğuz Atay in questo arguto romanzo di Hakan Gunday. 

A con Zeta in realtà parla brevemente di questo scrittore scomparso prematuramente nel 1977, fu il padre della narrativa Turca contemporanea, annegò il romanzo realista Turco in una pozza fatta di quotidiano, di complesse realtà individuali, raccontandone l'alienazione, il disagio, il conflitto con sé stessi e con le convenzioni sociali.

Ma per arrivare ad Oguz bisogna passarne tante di lettere dell'alfabeto, almeno cinque, che si moltiplicheranno allo specchio, per essere sempre le stesse ma di genere differente.

Ed è così che Derdâ poco più che bambina commette il suo primo crimine, o tuttalpiù è così che si sente, semplicemente colpevole. Il suo essere bambina finisce da li a poco, la sua innocenza si frantuma contro la rigidità delle tradizioni rurali, nonostante il chador nero che l'avvolge, la vita penetra attraverso l'unica cosa che le rimane scoperta: lo sguardo.

I suoi occhi di pece si poseranno su tutto, soprattutto sul male, sul dolore, provato ed inferto quasi in un contrappasso Dantesco dove Derdâ tra l'adolescenza e l'età adulta passerà dall'essere vittima di violenze sessuali ad utilizzare la violenza per indurre piacere.
Una Mistress dal fascino Orientale che recita in porno sado-maso, mentre pare aver chiesto indicazioni precise per la deriva, sia del corpo che dell'animo e dal sadismo al masochismo il passo è breve così come si può passare dalle caramelle ad una dose di eroina.
Il Sadomasochismo non è altro che un modo per capire la realtà delle cose.
La tossicodipendenza, la cura, l'amore che nasce, quello puro incontaminato di una madre acquisita, il riscatto e il sorriso.
Derdâ è un racconto, delicato nonostante le sue componenti più cupe, ironico nonostante la crudeltà e l'efferatezza dei gesti, dei momenti, delle persone; un racconto che a tratti sembra non veder mai sorgere il sole ma laddove la tenebra sembra più fitta è proprio il suo sguardo ostinato al futuro a regalarci speranza.

Ed è così che Derda (senza accento) poco più che bambino si incammina secchio in mano per guadagnare qualche spicciolo lavando le tombe al cimitero. Derda è analfabeta e più che lavorarci al cimitero ci vive, in una baracca che si regge grazie al muro di cinta dei campi elisi moderni; il padre in carcere, la madre morta; la vita di Derda è segnata, vivere di espedienti per sopravvivere è l'unica alternativa, perchè aspettare la paura è peggio della paura stessa.
Finisce per lavorare, oramai cresciuto troppo per impietosire le elemosine al cimitero, in una stamperia pirata ed è proprio qui che Derda si imbatte nell'incontro che gli cambierà la vita. 
Sono proprio due parole, che per un analfabeta non sono null'altro che disegni senza alcun significato, a riportare Derda al cimitero, alla sua infanzia e ad una tomba lavata e curata per anni su cui quei simboli senza significato ora sono gli stessi che tiene tra le mani, su una copertina di un libro;

ci siete arrivati sicuramente, ma ve lo dico lo stesso, quelle otto lettere potevano vestire una sola persona:
Oğuz Atay!

Derda (senza accento) è un racconto, delicato nonostante la sua irruenza, risoluto come il suo protagonista.
Derda scoperto quel nome, Oğuz Atay, imparerà a leggere e a scrivere, imparerà che per arrivare a trovare sé stesso e superare la sua alienazione, il suo disagio, dovrà farlo a colpi di pistola ed anni di carcere. Ucciderà il suo essere Kafkiano ( pur non avendo idea di cosa sia esserlo ) eliminerà da sé stesso l'insicurezza, la paura, la solitudine, l'assurdità e l'incomunicabilità. 

Farà tutto questo con una lettera, ricevendone un'altra in cambio.

Az in Turco significa poco ma nell'interminabile spazio che separa la A dalla Zeta ci sono tutte le parole che servono per far si che questo spazio si restringa quanto basta per portare due nomi ad essere uno solo.


Recensione Sensoriale


Vista: le vetrine di un Sexy-Shop a Soho


Olfatto: L'odore di pagine non ancora sfogliate

Gusto: Mandorla

Tatto: Stagnola


Voglie Impulsive


Imparare il Turco

Sentire il canto del Muezzin all'alba

Lottare per me stesso

Peso in Valigia: 503 Grammi

Investimento: 18€

Editore: Marcos y Marcos

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IL PUZZLE DI DIO di Laura Costantini e Loredana Falcone

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Dio non può avere frammenti,

solo l'uomo ha il potere di spezzarsi.


Il ritardo con cui mi accingo a scrivere questa recensione è figlio, anzi no è Padre: nel senso che è autore di quelle che sono delle emozioni che conserverò per sempre. Ma questi discorsi esulano il contesto letterario e al fondo della recensione ne capirete l'origine.

Questo Romanzo è stato il mio primo e-book in assoluto, la goWare casa editrice digitale mi ha supportato nel #Progetto52 portando alla mia attenzione il lavoro di Laura Costantini e Loredana Falcone; un giallo scritto a quattro mani e probabilmente centinaia di ore di ricerca per quello che posso serenamente reputare un Thriller curato in ogni dettaglio, dalla scrittura alla caratterizzazione dei personaggi quanto alle nitide atmosfere dal sapore medio-orientale.

Due donne che scrivono una spy-story. È facile immaginare uomini abili e dal carattere ben delineato, è così è: Il colonnello Demedici ed il Maggiore Landi sono Romani, addestrati, efficienti e indubbiamente affascinanti. Sono militari, ma rivelano attraverso un dialogo in bilico sul filo dell'amicizia e del rispetto dei ruoli, la difficoltà di far trasparire i sentimenti a scapito dell etica professionale.

Donne che scrivono di donne.
La vera chiave di volta di questo mistero "digitale" è la grandezza delle due figure femminili che si muovono tra l'interlinea e l'immaginazione del lettore: Sumitra e Nesayem.
non sono "amiche", vengono da due parti del mondo distanti migliaia di chilometri, quello che le unisce è il fatto stesso di essere tessere di un puzzle, e che seppur consapevoli o meno della loro importanza in questo rompicapo, hanno dalla loro due storie incredibili ambientate in luoghi e tradizioni che vengono gradualmente svelati.
Posti come il Nepal o il deserto del Sahara, popolazioni sperdute nel tempo, i Berberi, una lingua che rischia l'estinzione così come il suo popolo, Roma, una caccia internazionale a tessere di pietra grandi quanto un tavolo da pranzo ed un Planisfero composto da 348 di queste ultime; un mosaico, un Puzzle di Dio che sembra giungere a noi direttamente dalle epoche preistoriche ma che custodisce un messaggio cupo e sinistro...quasi quanto la Bassa vercellese e i suoi scheletri nascosti in piscine di cemento.

In tutto questo, quasi non bastasse ci sono da aggiungere ancora un paio di elementi degni di nota, un agente Americano tendenzialmente sociopatico e sanguinario: Mister Liberty, e due all'apparenza felici innamorati Saro e Daniel che fanno del loro amore il perfetto rifugio da una vita di soprusi e intolleranza ma che nasconde qualche cosa di ben più premeditato e definitivo.

Nonostante la mole di informazioni e personaggi dove facilmente ci si sarebbe potuti perdere o creare un continuo e fastidioso rimbalzo tra le parti, è stata vincente l'attenta analisi e costruzione dei capitoli ed in questo il mio plauso va a chiunque abbia optato per una costruzione così organica e funzionale della storia rendendola piacevole e fruibile.

Il lavoro di ricerca sia storico che geografico hanno contribuito a trasformare un intreccio tutto sommato "semplice" in un impianto narrativo complesso e stratificato.

Forse in conclusione manca un po' di originalità ma il rischio di rovinare tutto in modo grossolano e incoerente ha giustamente posto un freno alla fantasia privilegiando la storia, che come sempre è la sola, in questi casi, a contare.


Recensione Sensoriale




Olfatto: Capelli bagnati

Gusto: Cumino

Tatto: Silicio

Voglie Impulsive


Rivincere il Derby della Mole

Comprarmi un Kindle ( lo ammetto, ho odiato l'Ipad per leggere l'E-book per via dei riflessi sullo schermo e delle ditate che vanno a "sporcare" la lettura e ad affaticare gli occhi )

Sprofondare i piedi nella sabbia bollente


Peso in Valigia: 613 Grammi ( Peso dell Ipad Second Generation )

Investimento: 4.99€ 

Editore: GoWare

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