FURORE di John Steinbeck
“Le donne guardavano gli uomini, li guardavano per capire se stavolta sarebbero crollati.
Le donne guardavano e non dicevano niente.
E quando gli uomini erano in gruppo, la paura spariva dai loro volti e la rabbia prendeva il suo posto. E le donne sospiravano di sollievo, perché capivano che andava tutto bene: il crollo non c'era stato; e non ci sarebbe mai stato nessun crollo finché la paura fosse riuscita a trasformarsi in furore."
Margine di profitto: è stata questa la parola che più mi ha
turbato durante e dopo la lettura di Furore, libro vincitore del premio
Pulitzer, scritto da John Steinbeck nel 1939.
Il Libro raccoglie i frutti di un lavoro svolto in
precedenza da Steinbeck, quando nel 1936 era stato commissionato dal San
Francisco News per scrivere alcuni articoli come reportage riguardo l’esodo e
le proibitive condizioni di vita di migliaia di braccianti e contadini
Americani, che dalle terre dell’Oklahoma si erano riversati in California
durante la “Dust Bowl” (un’ondata di caldo e susseguente siccità che rese
impossibile coltivare le terre).
È uno scritto di 80 anni fa, un termine come “margine di
profitto” di colpo ti catapulta nell’era moderna del mondo globale e
capitalista, dove i margini, i limiti sembrano essere spariti insieme ad alcuni
diritti. Ed è, forse, questa la parola chiave che fin da subito mette in chiaro
chi è il mostro che governa tutte le vicende di questo libro.
“[..] Una banca o una società […] non sono creature che
respirano aria, che mangiano carne. Respirano profitti; mangiano interessi sul
denaro. Se non lo fanno, muoiono esattamente come morireste voi senza aria,
senza carne. È triste ma è così. Non ci si può fare niente.
Se il mostro smette di crescere, muore.”
Non è un trattato socio-economico, ma lo è anche; è un libro su cui ancora oggi si dibatte, dove i vari piani di lettura, da quello filosofico a quello sociale e religioso, possono ritenersi validi tutti. La
grandezza di Furore è tutta qui, nella sua capacità di poter essere
interpretato in molti modi diversi, senza mai confonderci; perché in fondo è il
racconto di un'avventura estenuante. Il viaggio, della famiglia Joad, verso la
terra promessa, dove l’abbondanza non è solo nei raccolti ma sembra esserlo
anche per le vite, per la loro realizzazione.
La prosa di Steinbeck è densa, si stringe attorno ai
concetti, il linguaggio è ruvido e reale, mentre tutto è pervaso da un'insormontabile
ansia e voglia di rivalsa, ma riesce a regalare anche attimi di spensieratezza
e di profonda umanità. Descrive il cerchio della vita non tralasciando nulla,
non dimenticando nessuno.
Gli ultimi vengono ritratti come gli unici capaci di
sovvertire un sistema che lotta con armi impari per la supremazia dell’io e dei
pochi; il socialismo dei sentimenti prevale, un embrione di quello che
potrebbe essere un noi coeso e deciso. Un “noi” portato avanti da una figura maestosa
come Ma’ Joad, che non vi è pagina dove non si preoccupi di trovare un modo di sfamare
la famiglia. Non solo cucinando i pasti, ma mantenendo l’ordine, nelle idee
come nella lista delle provviste. Perché la famiglia non può andare in pezzi,
perché la famiglia è il grappolo, è l’ultimo baluardo da opporre ai Mostri che
popolano questo romanzo.
Furore è la parola che potrebbe trasformare questi
mille grappoli di vite in acini colmi di ira, capaci di sopportare sfide
impossibili pur di mantenere salda ancora la loro dignità, la loro terra, il
loro domani che è stato strappato dal progresso e dal profitto, senza che ci
fosse mai nessuno da poter “colpire” ma soltanto qualcosa di più grande da incolpare: una banca, una società, un trattore...
La chiusura di questa avventura, di questo esodo della
famiglia Joad, di Tom, di Pa’, dei fratelli, dei nonni, di Rose of Sharon e del
suo futuro bambino, è probabilmente il finale più avvolgente di sempre, è
l’emblema di un qualcosa che finisce ma al tempo stesso lascia percepire come
vi sia necessariamente il bisogno di una nuova nascita, qualunque essa sia.
È questo Furore, un libro che ti rimette in linea col
mondo, che ti guida partendo dai dettagli arrivando ad una visione di insieme
ampia e universale: gli uomini sono la terra, la vera esperienza di profitto
sono le relazioni umane, dove i margini non esistono perché offrirsi per
aiutare gli altri è l’unica cosa che possa riportare pace.
È una di quelle letture capace di dare risposte a chi ancora
legge, curioso, sperando di trovarne.
Recensione Sensoriale
Vista: Un Frutteto
Udito: Morphine - Wunderhorse
Tatto: Liuta
Gusto: Una spiga di Grano
Olfatto: Carta bruciata
Voglie Impulsive
Immergere la testa in un ruscello
Un paesaggio maestoso
La mano di mia Madre
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