ODETTE TOULEMONDE di Eric-Emmanuel Schmitt - LA LOTTERIA di Shirley Jackson
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Ci insegnavano, ovviamente, a parlare, a esprimerci, a dialogare, la prima persona, la terza persona, il noi e il voi, ci insegnavano dicevano la lingua dei nostri tempi: Le Immagini.
Avete capito bene, "leggevamo" le immagini, parlavamo attraverso le immagini, dialogavamo con esse e attraverso esse. Un tempo remoto mio nonno mi raccontò di una civiltà che non usava solo le immagini, ma che si esprimeva usando le parole; obiettai che anche noi ci esprimevamo usando le parole ma lui mi interruppe e avvicinando la sua bocca al mio orecchio pronunciò quello che aveva l'aria di essere un vocabolo proibito, sapeva di tabacco e nocciola, sapeva di silenzio e clangore, e disse: Scrivevano.
Scrivevano, mi ci vollero anni per comprendere appieno cosa significasse, dopo che udii quella parola capii di non poter avere altro scopo nella vita. Dovevo Scrivere.
Facile direte voi, prendi una penna, unisci le lettere dell'alfabeto fino a formare una parola più o meno lunga, e mentre la scrivi ne scopri il suono nella mente, muovendo quasi impercettibilmente la lingua sul palato.
Ecco, già che ci siamo io non sapevo nemmeno cosa fosse una penna, non sapevo cosa fosse l'alfabeto, sapevo però dirvi cos'era un albero e come era fatto, conoscevo la parola albero, ma solo perchè me l'avevano fatto vedere su una lavagna luminosa in una classe affollata di bambini vestiti tutti uguali.
Eh ma scrivere A L B E R O è tutta un'altra cosa. È l'immagine più potente che esista è come se i colori, la forma, esplodessero letteralmente nelle sinapsi. È come avere un proiettore potentissimo, dietro gli occhi, che occupa tutto il nostro campo visivo con la quercia più grande che abbiate mai visto.
Ero un analfabeta, leggere immagini e comunicare con esse era molto più facile, richiedeva meno impegno, era tutto a portata di indice; a pensarci bene tutto poteva essere additato.
Laddove il semplice indicare non era sufficiente, interveniva un chip neurale il quale collegato in remoto ad una specie di cervellone centrale, faceva si che quelle cose per cui non si riuscivano a trovare immagini a portata di mano, diventassero disponibili su dei piccoli palmari che avevamo sempre con noi.
Un esempio? pensate ad un bambino che piange e ad un genitore che non ne capisce il perchè, di colpo sul palmare del padre e della madre compare l'immagine di un biberon.
Il bambino ha fame, mamma e papà sollevati lo accontentano e il bambino smette di piangere.
Il chip leggeva la nostra mente, le nostre emozioni, sensazioni, bisogni e li traduceva in concetti il più elementari possibili.
È complicato? se lo è per voi, figuratevi per me quanto lo è stato imparare a scrivere.
Dopo quell'incontro con mio nonno, ne fecero seguito altri e ogni volta gli chiedevo di raccontarmi qualche cosa di più, di addentrarsi nei ricordi di quella civiltà, di mettermi a disposizioni gli strumenti per imparare quella che sembrava un'arte magica e antica, potentissima.
Mio nonno era reticente, continuava a ripetere di non parlarne con nessuno, di tenere segreto il contenuto dei nostri incontri, e di comportarmi come sempre.
Mi parlò dei libri, della carta, di matite e dell'inchiostro, dei caratteri, della stampa e dei numeri. Ero affascinato, le sue parole parevano uscire da un carillon che per troppo tempo aveva preso polvere, era una musica arrugginita ma squillante, era il lascito di un uomo a cui mancava irrimediabilmente poter imprimere qualcosa: io ero la sua pagina bianca, la sua voce l'inchiostro.
Vorrei poter continuare a raccontarvi la mia storia, e forse un domani lo farò, ma ora devo andare, vivo in clandestinità. Delle quattro dimensioni mi manca quella fondamentale, così come mancò a mio nonno, il tempo.
Se troverete queste mie parole, e so che le troverete, allora riprendete da dove ho lasciato io.
Tutto quello che vi serve è custodito in questi due oggetti, si chiamano libri, (me li regalò mio nonno) son fatti di carta (fate attenzione alle fonti di calore, tende a prendere fuoco) e si leggono (che parola meravigliosa) da sinistra verso destra, dall'alto verso il basso. Sono le due ultime copie rimaste, credo in tutto il mondo, scoprirete con essi non solo le parole, ma la grammatica, la punteggiatura, l'uso delle virgole e dei punti, sui punti e virgola invece ammetto che ancora adesso ho qualche dubbio.
Non scoraggiatevi, so che tutto questo vi sembrerà un ammasso di simboli neri su sfondo bianco e che vi mancano un sacco di spiegazioni su come si compongono e leggono le parole, ma risolverete l'enigma se avrete utilizzato l'immagine che vi ho lasciato all'inizio di questo racconto. Mettete insieme le lettere e troverete la soluzione: la storia.
Se ci sono riuscito io, allora ce la farete anche voi.
Scrivete, perchè le immagini se non incontrano le parole non diventano mai emozioni.
Sinceramente Vostro
Albero.
RECENSIONE SENSORIALE
Credo che non ci sia bisogno di aggiungere i cinque sensi a quello che ho scritto, questa è una recensione sensoriale nel vero senso della parola, ho usato quello che sentivo e l ho tramutato in un racconto.
Il tutto è stato ispirato da due storie contenute in questi affascinanti libri, che per motivi diversi, catturano e coinvolgono.
Il primo, È una bella giornata di pioggia, fa parte di una serie di otto racconti nel libro Odette Toulemonde di Eric Emmanule Schmitt, il secondo invece Colloquio è inserito nel libro La Lotteria di Shirley Jackson.
Se potete abbiatene cura.
VOGLIE IMPULSIVE
È quello che ho appena fatto.
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