BERSAGLIO NOTTURNO di Ricardo Piglia
Come poteva andare a finire?
Poteva finire, ecco come poteva.
Ci sono, sono
vivo e scrivente, il che potrebbe per molti me in primis non essere una
consolazione ma un abuso, di tempo e di spazio.
Ho iniziato a
leggere il ventiduesimo libro esattamente 19 giorni fa, avrei dovuto pubblicare
la sua recensione sette giorni dopo, dai facciamo otto perché mi volevo
riposare…
Ho finito di
leggere questo romanzo ieri sera. Appena chiuso l’ultimo capitolo, e voltato il
libro sul dorso ho proprio pensato che non avevo mai faticato così tanto a
leggere.
Intendiamoci, la
fatica, quella vera, quella che imperla la fronte e fa bruciare muscoli e
polmoni è ben altra cosa, leggere invece un libro che non ti piace non ti
cattura non ti ammicca mai, neanche per un istante, è spossante.
Lo guardi li sul
comodino inerme nel suo involucro di cellulosa e inchiostro e pensi che non gli
faresti un torto così grave ignorandolo per l’eternità. Non ho letto un romanzo
di formazione o una rilettura in chiave futurista di un classico della
letteratura paleocristiana (ammesso che esista un’opera di tale bruttezza).
No, era
semplicemente un romanzo “giallo” ambientato nella pampa argentina, con un
contesto socio politico delicato come solo gli anni 70 per il mondo in generale
lo sono stati.
Un commissario
burbero e malconcio con delle visioni che lo portavano vicino alla soluzione
del caso ma lontano dalla realtà delle cose, delle intuizioni filosofiche, ecco questo era il Commissario Croce, uomo
rispettato dal paese ma inviso al potere costituito.
Un brillante
quanto affascinante mulatto americano, che agli occhi dei cittadini del paese
non era nient’altro che un negro. Tony Duran, simpatico, spigliato, che
suscitava invidia per le sue conoscenze altolocate e per le due gemelle
Belladonna alle quali spesso si accompagnava agli eventi mondani suscitando
maldicenze e qualche rancore, non del tutto infondate.
Un vecchio e
granitico proprietario terriero, il Vecchio Belladonna, che era legato alla
terra, al suo paese, perché lo reputava come una proprietà privata avendolo
praticamente fondato quando emigrò dall’ Italia e più precisamente da Torino
dopo aver combattuto per l’esercito nella prima guerra mondiale ed aver
ottenuto importanti onorificenze.
Le Gemelle
Belladonna, Ada e Sofia, così simili, così spigliate così sognatrici di una
vita di lusso e eccessi che non si sono mai preoccupate delle conseguenze e
delle voci sul loro conto, perché quando si è ricchi e si vuol vivere da ricchi
non si deve risultare simpatici, ma semplicemente un gradino sopra agli altri,
comunque.
Il figlio del
Vecchio Belladonna, Luca, triste e solitario rinchiuso nella sua fabbrica,
nella sua officina meccanica che anni addietro dava lavoro ai Gaucho di paese
ma che pur di salvarla dagli interessi di gruppi di investimento internazionali
si era voluto accollare il peso di mantenerla in piedi circondato da pochi
fedeli e indebitando se stesso e i suoi sogni fino a farli diventare una
ossessione.
È un thriller,
c’è un omicidio e il tentativo di risolverlo, ma tutto prende una piega
decisamente obliqua, in cui sono le storie di questi personaggi ad intrecciarsi
in un modo talvolta complicato e che una scrittura ricca, oltre l’eccesso, e
discontinua portano ad un affaticamento e ad una scarsa empatia col libro in
sé.
Certo c’è
qualche cosa che si “salva” ad esempio il sig Renzi, giornalista, inviato per il
giornale di Buenos Aires arrivato nella triste e immensa pampa Argentina a
raccontare attraverso le sue parole i fatti sull’efferato omicidio avvenuto
nella tranquillità rurale di campagna.
Renzi segue i
deliri del commissario Croce, si appassiona alla storia alle vicende
centrifughe del paese e rimane anche egli incastrato in questi giochi di potere
dove i segreti e le rivalità di una famiglia influiscono per sempre sulla vita
delle persone che anche solo ne lambiscono i confini.
Qualcuno ha
definito Ricardo Piglia il Faulkner del Sud America. Permettetmi, se Faulkner
ha scritto luce d’Agosto ecco Piglia ha scritto allora Il Buio di Novembre.
Un romanzo in
definitiva, fumoso e pretestuoso, avvincente a tratti, ma che mai ha avuto la
forza di tenermi concentrato.
Certo lo stato
d’animo con cui si affronta una lettura influisce sempre sul piacere della
lettura stessa, ammetto per dovere di cronaca che se dovessi definire il mio
sentire nel mentre leggevo Bersaglio Notturno di Ricardo Piglia la parola più
ricorrente sarebbe Deluso.
Detto questo, il
libro ha un grande pregio, una copertina che invoglia e incuriosisce.
Ma volendo essere
superficiale, e voglio, potrei chiudere questa recensione con un semplice e scontato modo
di dire:
L’abito non fa il
monaco.
Recensione Sensoriale
Vista: Un montacarichi
Udito: Civil War dei Guns N' Roses
Tatto: Scheggia di legno
Gusto: Bile
Olfatto: Pelle sudata
Voglie Impulsive
Cambiare libro
Cambiare lavoro
Cambiare vita
Peso in Valigia: 285 Grammi
Investimento: 16€
Editore: Feltrinelli
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