BERSAGLIO NOTTURNO di Ricardo Piglia

martedì, giugno 30, 2015 , , , , 0 Comments









Come poteva andare a finire?

Poteva finire, ecco come poteva.



Ci sono, sono vivo e scrivente, il che potrebbe per molti me in primis non essere una consolazione ma un abuso, di tempo e di spazio.

Ho iniziato a leggere il ventiduesimo libro esattamente 19 giorni fa, avrei dovuto pubblicare la sua recensione sette giorni dopo, dai facciamo otto perché mi volevo riposare…

Ho finito di leggere questo romanzo ieri sera. Appena chiuso l’ultimo capitolo, e voltato il libro sul dorso ho proprio pensato che non avevo mai faticato così tanto a leggere.

Intendiamoci, la fatica, quella vera, quella che imperla la fronte e fa bruciare muscoli e polmoni è ben altra cosa, leggere invece un libro che non ti piace non ti cattura non ti ammicca mai, neanche per un istante, è spossante.
Lo guardi li sul comodino inerme nel suo involucro di cellulosa e inchiostro e pensi che non gli faresti un torto così grave ignorandolo per l’eternità. Non ho letto un romanzo di formazione o una rilettura in chiave futurista di un classico della letteratura paleocristiana (ammesso che esista un’opera di tale bruttezza).

No, era semplicemente un romanzo “giallo” ambientato nella pampa argentina, con un contesto socio politico delicato come solo gli anni 70 per il mondo in generale lo sono stati.

Un commissario burbero e malconcio con delle visioni che lo portavano vicino alla soluzione del caso ma lontano dalla realtà delle cose, delle intuizioni filosofiche, ecco questo era il Commissario Croce, uomo rispettato dal paese ma inviso al potere costituito.

Un brillante quanto affascinante mulatto americano, che agli occhi dei cittadini del paese non era nient’altro che un negro. Tony Duran, simpatico, spigliato, che suscitava invidia per le sue conoscenze altolocate e per le due gemelle Belladonna alle quali spesso si accompagnava agli eventi mondani suscitando maldicenze e qualche rancore, non del tutto infondate.

Un vecchio e granitico proprietario terriero, il Vecchio Belladonna, che era legato alla terra, al suo paese, perché lo reputava come una proprietà privata avendolo praticamente fondato quando emigrò dall’ Italia e più precisamente da Torino dopo aver combattuto per l’esercito nella prima guerra mondiale ed aver ottenuto importanti onorificenze.

Le Gemelle Belladonna, Ada e Sofia, così simili, così spigliate così sognatrici di una vita di lusso e eccessi che non si sono mai preoccupate delle conseguenze e delle voci sul loro conto, perché quando si è ricchi e si vuol vivere da ricchi non si deve risultare simpatici, ma semplicemente un gradino sopra agli altri, comunque.

Il figlio del Vecchio Belladonna, Luca, triste e solitario rinchiuso nella sua fabbrica, nella sua officina meccanica che anni addietro dava lavoro ai Gaucho di paese ma che pur di salvarla dagli interessi di gruppi di investimento internazionali si era voluto accollare il peso di mantenerla in piedi circondato da pochi fedeli e indebitando se stesso e i suoi sogni fino a farli diventare una ossessione.

È un thriller, c’è un omicidio e il tentativo di risolverlo, ma tutto prende una piega decisamente obliqua, in cui sono le storie di questi personaggi ad intrecciarsi in un modo talvolta complicato e che una scrittura ricca, oltre l’eccesso, e discontinua portano ad un affaticamento e ad una scarsa empatia col libro in sé.

Certo c’è qualche cosa che si “salva” ad esempio il sig Renzi, giornalista, inviato per il giornale di Buenos Aires arrivato nella triste e immensa pampa Argentina a raccontare attraverso le sue parole i fatti sull’efferato omicidio avvenuto nella tranquillità rurale di campagna.
Renzi segue i deliri del commissario Croce, si appassiona alla storia alle vicende centrifughe del paese e rimane anche egli incastrato in questi giochi di potere dove i segreti e le rivalità di una famiglia influiscono per sempre sulla vita delle persone che anche solo ne lambiscono i confini.

Qualcuno ha definito Ricardo Piglia il Faulkner del Sud America. Permettetmi, se Faulkner ha scritto luce d’Agosto ecco Piglia ha scritto allora Il Buio di Novembre.

Un romanzo in definitiva, fumoso e pretestuoso, avvincente a tratti, ma che mai ha avuto la forza di tenermi concentrato.
Certo lo stato d’animo con cui si affronta una lettura influisce sempre sul piacere della lettura stessa, ammetto per dovere di cronaca che se dovessi definire il mio sentire nel mentre leggevo Bersaglio Notturno di Ricardo Piglia la parola più ricorrente sarebbe Deluso.
Detto questo, il libro ha un grande pregio, una copertina che invoglia e incuriosisce.
Ma volendo essere superficiale, e voglio, potrei chiudere questa recensione con un semplice e scontato modo di dire:


L’abito non fa il monaco.


Recensione Sensoriale


Vista: Un montacarichi


Tatto: Scheggia di legno

Gusto: Bile

Olfatto: Pelle sudata


Voglie Impulsive


Cambiare libro

Cambiare lavoro

Cambiare vita

Peso in Valigia: 285 Grammi

Investimento: 16€

Editore: Feltrinelli
Luca Morello

Unknown

Leva Cestistica del '79; da sempre amante della buona musica, delle belle storie e dei propri sogni.

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