Recensione #Libro9 - L'Invenzione Della Madre - Marco Peano
Si dice che il dolore non abbia forma,
sicuramente ha una dimensione: la nostra.
Ma una leva per principi fisici ha bisogno di un punto d'appoggio per compiere la sua funzione e così se le parole sono la leva, il nostro corpo è un punto d'appoggio perfetto per sollevare ricordi, esperienze, per far saltare letteralmente i cardini profondi della propria intimità.
Leggere L'Invenzione Della Madre, esordio letterario del Torinese Marco Peano pubblicato da Minimum fax, è stato come assistere al funzionamento di questa primordiale "macchina semplice".
È la storia di Mattia, ragazzo cresciuto nella provincia e non importa sapere quale; ha 26 anni è patito di cinema, è fidanzato e da nove anni la madre è malata di cancro.
Veniamo presi per mano in questa lettura dall'uso della terza persona e dell'indicativo presente che sapientemente ci fanno da guida nel dolore di Mattia, in questo malessere palindromo che unisce la madre e il figlio. Ma quello a cui assistiamo in realtà è un verbo che si contraddice all'evidenza è il gerundio degli istanti di Mattia, è il mentre in cui sta vivendo.
La scrittura è potente, risoluta, precisa, non declina mai nel drammatico o nel pietismo, è come se le parole possedessero una sfericità, che senza il minimo sforzo scivolando su un piano inclinato ne assorbiamo il loro significato.
Mattia non sta condividendo con noi il suo dolore, è suo. Lo possiede, così come la madre ne è l'origine così lui ne è la prosecuzione.
È un rapporto impari quello tra madre e figlio, non potrebbe essere altrimenti, lei è l'autrice dei suoi giorni, lui il semplice testimone di solo una parte dei suoi. C'è questa continua ricerca da parte di Mattia di conservare tutto il ricordo possibile della madre, si dice che un orologio rotto comunque due volte al giorno segni l'ora esatta; i ricordi per Mattia sono questo orologio, alcuni sono luce, altri oscurità, ma questo non ha importanza davanti alla possibilità di averli per sé, al di la del tempo, per sempre.
Veniamo portati nell'intimità di una famiglia, nei suoi luoghi di vita e di morte, nel paese, al cinema, in cucina, per strada, al lavoro, in ospedale, in un letto, in una musicassetta. Tutto scandisce un tempo che inevitabilmente smetterà di essere presente. Ma non c'è rassegnazione in questo anzi per come vediamo Mattia la condizione sua essenziale è la lucidità, la inevitabile e sottile rabbia che non detona mai, ma che lo porta talvolta ad essere scostante o indelicato ma mai ingestibile.
L'equilibrio è quello che più ci colpisce e funziona esattamente come la luce che passa attraverso una lente per poi impressionare una pellicola, capovolgendo l'immagine per restituircela come l'avevamo inquadrata. Un modo per creare una distanza, perché altrimenti ci sarebbe impossibile leggere gli eventi senza provare anche per un solo istante il bisogno di staccarci, di smetterla di guardare quel dolore che per quanto possiamo aver provato, non vogliamo cedergli nuovamente e così lasciamo che sia Mattia a farlo per noi.
Nonostante questo il libro non si concede mai delle pause, è un page-turner che non si smette di leggere.
Gli occhi cercano le parole e le trovano sempre, come quelle leve di cui parlavo all'inizio, a fare il loro lavoro, macchine semplici; all'apparenza svantaggiose vista la grande capacità di forzare la nostra sensibilità, ma come delle pinzette sanno essere precise e sicure poiché riescono a prendere una parte delicatissima di noi, tirarla fuori senza strappo alcuno e rimetterla al suo posto una volta che anche l'ultima riga di questa storia si è depositata nel suono [...] più docile e più forte che lui abbia mai pronunciato e mai pronuncerà:
Mamma.
Recensione Sensoriale
Vista: La Brughiera
Udito: Girl by The Beatles
Tatto: Pelle screpolata
Gusto: Riso bollito
Olfatto: Crema per le mani
Voglie Impulsive
L'odore di quel grembiule appena usato
Uno sguardo tra l'azzurro e la cenere
Una cioccolata calda durante la nevicata del famoso 1986
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